lunedì 27 settembre 2021

Vivere sognando, morire sognando

 Purtroppo siamo di nuovo a parlare, a commentare e a riflettere la morte di un ragazzino quindicenne nel motosport, ambito dove il rischio è di casa e nello stesso tempo custode di forti emozioni, in special modo per chi lo pratica. Ne ho veramente sentite tante in tutti questi anni la maggior parte commenti a sproposito dettati dalla scarsa conoscenza della "materia", dal qualunquismo, dalla retorica, da tutto quello che per loro "non esiste".

Il motorsport è meraviglioso a tutti i livelli, quel misto di follia al confine con l'ignoto, dove dietro ad ogni curva può celarsi il fato, che non conosci ma sai che c'è. I genitori dei nostri ragazzi che avviano un figlio alla disciplina conoscono i rischi, perchè non è una novità che la disgrazia sia dietro l'angolo al pari di quella di un figlio che va a scuola col motorino. Anzi, nelle caotiche città il rischio è molto più elevato ma un incidente stradale fa meno notizia. Perchè? Perchè siamo ipocriti. Non sono i 250 all'ora ad uccidere, non sono le curve a gomito per terra, ma è il destino al pari di un incrocio semaforico o di una precedenza. 

Ultimamente in pista si muore perchè travolti da altri piloti mai per cadute che ti fanno schizzare sull'asfalto a velocità impressionanti, quindi significa che è stato fatto molto in termini di sicurezza. L'ultimo a morire per impatto (se la memoria non mi inganna) è stato Kato a Suzuka nel 2003 sbattendo violentemente contro la cuspide di un guard rail, in circostanze che Honda non credo abbia mai chiarito. Ho sempre in mente due interviste lontane nel tempo l'una dall'altra ma incredibilmente uguali: Pasolini e Simoncelli. Entrambi hanno detto di essere consapevoli della presenza della signora in nero ma non avrebbero mai rinunciato a fare quello che stavano facendo. Simoncelli non si sarebbe mai visto dietro una scrivania (cit) e che guidare una MotoGp vale veramente il prezzo del biglietto.

Lo show deve andare avanti perchè fermarsi è da ipocriti. Su una cosa possiamo lavorare: le regole! 40 partenti nella SSP300 è una follia perchè in fondo al rettilineo c'è sempre una curva e 40 moto sono tante! Moto del tutto simili tra loro dove la differenza la fa qualche decimo al giro non garantiscono uno "sfilacciamento" del gruppo, come accade spesso anche in Moto3. 

Ha fatto bene il circus a non fermarsi perchè Dean Berta Vinales avrebbe fatto lo stesso perchè lui viveva sognando sulla sua moto da corsa con l'obiettivo di progredire fino ad arrivare al top. Un sogno che si è trasformato in tragedia ma non per lui. Sicuramente il suo ultimo pensiero era rivolto all'avversario che aveva davanti che avrebbe sorpassato con un "staccata all'interno" magari anche con una piccola carenata perchè lo scopo delle corse è e resterà sempre uno: essere il più veloce!

Ciao Dean, hai vissuto un sogno e te ne sei andato sognando. Saluta i ragazzi lassù e cercate di proteggere i vostri compagni qui "sulla terra" che ultimamente mi sembra che ne abbiano un gran bisogno!!!

Nessun commento:

Posta un commento