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martedì 8 settembre 2009

Il commento Cervelli in fuga? Peggio quelli inutili che restano


Fuga di cervelli? Lodevole è il tentativo di riportarli nella madre patria. Ma se saranno le università a decidere chi deve rientrare in Italia, è meglio che i cervelli fuggiti restino dove sono per il bene della ricerca scientifica.
Il vero problema non è oggi il ricercatore in fuga, ma il ricercatore che resta. Le analisi e le statistiche sulla qualità dei ricercatori universitari italiani appaiono desolanti, ma la responsabilità del disastro è di chi era ed è chiamato a decidere chi può diventare ricercatore, cioè i professori dell’università. Loro sono le colpe che dividono con il massimo livello di gestione dell’università: senato accademico e rettori in testa.
Cosa accade in un concorso per ricercatori? Vi spiego quello che chiunque insegna come professore ordinario dell’università sa perfettamente, e sa perfettamente di essere complice di una truffa.
Dunque, supponiamo che arrivino all’ateneo i tanto agognati finanziamenti per reclutare venti ricercatori da inquadrare tra il personale di ruolo dell’università. Il senato accademico stabilisce, secondo propri criteri, che, di questi venti posti, cinque vengano assegnati alla Facoltà di Lettere e filosofia, la quale, a sua volta, decide che uno vada al Dipartimento di filosofia.
Fin qua, niente di male: si potrà discutere perché cinque e non tre e non sette di quei posti siano assegnati alla Facoltà di Lettere e Filosofia e perché proprio uno al Dipartimento di filosofia, ma con un po’ di buona volontà si possono anche trovare le ragioni della suddivisone. Il bello incomincia adesso.
Una persona normale penserà che a questo punto si indice il concorso, e vincerà il migliore. Neanche per sogno: incominciano invece le riunioni nel Dipartimento di Filosofia per stabilire in quale specifico raggruppamento concorsuale dovrà andare quel posto. Sarà per quello di Storia della filosofia, di Morale, di Filosofia della scienza, di Estetica? I docenti titolari di queste e delle altre discipline incominciano a discutere, a litigare: «L’altra volta il posto lo hai avuto tu, ora tocca a me. Ma tu non hai candidati. I miei sono bravissimi, non dire sciocchezze...» e avanti così, e peggio di così, finché, per esempio, il professore di morale la spunta, essendo riuscito a costruirsi attraverso una serie di compromessi una maggioranza all’interno del Dipartimento: maggioranza che ovviamente si spartirà i prossimi posti di ricercatore. Ma il peggio arriva adesso.
Il concorso è nazionale, ma tutte le precedenti discussioni fanno immediatamente capire che c’è un candidato nel cuore del docente di Morale. È bravo? È un suo amico? È qualcuno sentimentalmente vicino? Mah! Decide il prof. di Morale: fatti suoi, perché i prossimi sono fatti miei, cioè deciderò io chi far diventare ricercatore, per esempio, di Filosofia della scienza. Insomma, deve vincere, alla faccia del confronto con tutti gli altri candidati nazionali che si presenteranno.
Come si procede, allora, per blindare il pupillo del professore di Morale? Il pupillo ha solo tre pubblicazioni? Eh, sì, è un po’ deboluccio, ma non c’è problema. Il bando di concorso, che verrà firmato dal rettore, prevede che i concorrenti debbano presentare un numero massimo di tre pubblicazioni. Il pupillo, però, è ancora a rischio: essendo modesto, un altro concorrente lo potrebbe superare con tre suoi ottimi saggi. Cosa si inventa, adesso, quest’università autoreferenziale e truffaldina? Indica sul bando di concorso che, per lo sviluppo della ricerca scientifica del Dipartimento di filosofia c’è la necessità di reclutare uno studioso di filosofia morale specificamente esperto del periodo che va dal 1630 al 1650 in Olanda: esattamente gli argomenti delle tre pubblicazioni dell’amato pupillo. La truffa è consumata.
Qualunque studioso eccellente di filosofia morale viene emarginato. E se non bastassero quelle clausole concorsuali, sottoscritte, lo ripeto, dal rettore, in sede di valutazione degli aspiranti ricercatori si potranno taroccare le carte, perché il padrino del pupillo entra di diritto nella commissione giudicatrice. Ma questa, spesso, diventa materia per i tribunali.
Ora vorrei sapere perché si debba dare del denaro pubblico per finanziare questo scandalo. Il problema dell’università non sono i tagli alla ricerca, sono i professori, le modalità in cui essi vengono reclutati e i modi in cui essi stessi perpetreranno il reclutamento fasullo. Sono loro che dovrebbero fare un passo indietro, e il ministro Gelmini dovrebbe avere il coraggio di varare nuove norme per concorsi accademici seri. Poi si potranno richiamare i cervelli fuggiti, perché altrimenti cosa tornano a fare in quest’università?

venerdì 12 dicembre 2008

Uomini con le palle!!!!!!!!!


A dirla così sembra una frase maschilista, quasi volgare. Pensandoci bene tutti gli uomini hanno le palle, nel gergo medico genitali. La frase poi è migrata verso un significato che sottolinea le capacità di un/a individuo nel prendere decisioni, o porsi verso determinate questioni. Nel post precedente ho sottolineato un pò la fine delle ideologie, o almeno un forte annichilimento della nostra classe politica, ma il concetto vale un pò per tutti, anche a livello quotidiano, dove osserviamo che tutti noi stiamo arroccati nelle nostre convinzioni, con poche aperture, e guai se ci toccano la sfera personale, della serie "armiamoci e partite".

Ritornando al discorso politico, si nota come tutti, e dico tutti, siano affetti da una mancanza quasi totale degli attributi e la manifestano quotidianamente senza troppa vergogna. Ora nel perlamento ci sono però anche le donne, e a parte qualche sporadica apparizione di trans, la domanda sorge spontanea: e a loro che diciamo? Anche le donne sono senza palle (il fatto di non trovarcele "in mano" nel buio di una camera ci conforta), perchè ovviamente il significato è relativo al carattere, alla personalità. Leggo stamani che la Gelmini fa slittare il provvedimento relativo alla scuola. Relativamente che uno possa essere d'accordo o meno, mi chiedo il perchè, dopo tanto putiferio e piazze devastate, il provvedimento sia stato fatto slittare. Si parlerà di "concertazione delle parti", di confronto, di dialogo... Perchè allora non è stato fatto prima? Dov'è il premier forte, quello che indubbiamente negli ultimi 15 anni ha cambiato il corso della politica? Dov'è? Dov'è chi ce l'ha duro? Dall'altre parte lo smelenzio Uolter aveva già dimostrato di essere in cerca di affetto non "avendo le palle" per correre da solo. Ma la destra, o centro destra che dir si voglia, con gli ex arditi e fieri, dov'è finito? E' bastato un semplice buh! da parte di un gruppo di persone per far cadere il castello? E noi persone normali, con stipendio limitato, e famiglia da mantenere, quando il bambino punta i piedi per il gormito, o l'ultimo giocattolo, che dobbiamo fare? Comprarglielo? Tanto poi vanno a scuola, vedono le manifestazioni, e pensano: basta opporsi e otteniamo tutto. Li vedo già li striscioni e manifestazioni collettive che dal salotto arrivano in cucina: "Il dialogo è finito, compraci il gormito!!", "Niente sapone con le bolle, compraci la consolle (PS2)", "Ormai non sono più un bambino, voglio il motorino!!" e così via...

Ecco, cerchi di insegnare qualcosa di educativo ai figli, che subito lo stato, quello da cui prendere esempio, ti gira nel manico, e incita al caos totale. Bravi!! Qui non c'è in gioco la politica, qui c'è in gioco il sentimento, la determinazione di uno stato, che comunque dovrebbe fare delle scelte, anche difficili, per un idea di bene collettivo. Cosa dovrebbe fare allora chi era a favore del decreto? Scendere in piazza a sostenerlo? Evidentemente chi scrive e pochi altri la pensano così, perchè comunque nessuno ha il coraggio di dire o fare qualcosa, anche nell'urna per esempio. Mai che il popolo dia un segnale di essere stufo. Quindi l'equazione più logica è: politici senza palle=popolo senza palle!

sabato 25 ottobre 2008

I figli dei vip di sinistra? Tutti alle scuole private

In aiuto ai commenti di un post precedente, questo articolo di Antonio Signorini chiarisce definitivamente perchè la Gelmini, che ci piaccia o no, ha ragione.
di Antonio Signorini
Roma Tanta preoccupazione per la scuola pubblica si può spiegare solo come un atto estremo di altruismo, visto che quando si tratta di decidere il destino dei figli un bel pezzo di centrosinistra si orienta direttamente verso le scuole private. E magari straniere. Sorprende, insomma, tanta acrimonia nei confronti del ministro Gelmini, visto che non sono pochi gli esponenti della sinistra che di contatti diretti con la riforma della scuola, non ne avranno mai. Lo ha candidamente ammesso Michele Santoro nel corso dell’ultima puntata di AnnoZero, tutta dedicata alla scuola e alla nuova ondata di contestazioni studentesche.
Voleva dimostrare al leghista Roberto Cota quanto fosse sbagliata l’idea di «classi ponte» per insegnare la lingua straniera ai figli di immigrati. In sintesi: l’integrazione è facilissima anche quando un bambino si trova in un’aula dove tutti parlano una lingua che non sa. Per spiegarlo ha riportato, con comprensibile orgoglio paterno, l’esempio della figlia che frequenta una scuola straniera «e già parla un’altra lingua ». Applausi. Non si sa se dedicati alla bravura della bimba poliglotta o all’accostamento tra chi frequenta il costoso istituto francese «Chateaubriand», con l’obiettivo di diventare bilingue ed evitare le storiche carenze della scuola italiana, e i figli degli immigrati alle prese con la durissima battaglia per l’integrazione.
Ospite della trasmissione, il segretario Ds Walter Veltroni. Dei suoi investimenti immobiliari e formativi a New York a favore della figlia si sa già tutto. D’altro canto il Pci non c’è più. E con i comunisti è scomparso anche il divieto non scritto che vigeva per i dirigenti: mai iscrivere i figli alle private. Lo conferma il caso di Giovanna Melandri, la cui prole è stata affidata all’istituto privato «San Giuseppe». Si dice che l’esponente Pd abbia anche cercato di fare entrare la figlia in una scuola inglese. La stessa - la «Rome International School» - scelta dall’ex parlamentare di Rifondazione comunista Franco Russo, ansioso di dare un’educazione un po’ amerikana ai discendenti.
Niente pubbliche o comunali anche per i nipoti di Fausto Bertinotti, iscritti a suo tempo ad un prestigioso asilo romano dal metodo di insegnamento rivoluzionario. Ma a pagamento. E in effetti non è sempre la caccia alla lingua straniera la molla che fa scappare i genitori democratici dalle pubbliche. È il caso dell’ex ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, contestato dai giovani del centrodestra per aver mandato il figlio ad un Liceo scientifico paritario di Viterbo, proprio negli anni in cui era in carica nel dicastero di viale Trastevere.
La seduzione del privato-straniero ha fatto breccia anche tra i più intransigenti girotondini. È il caso di Nanni Moretti, il cui figlio frequenta la scuola americana di Roma, la «Ambritt». Stessa scelta per il discendente di un vero e proprio outsider del Partito democratico: Mario Adinolfi. Proprio in questi giorni l’ex esponente del Ppi, per sua stessa ammissione allergico alle occupazioni, ha lodato la nuova ondata di studenti contestatori vedendoci l’embrione di un «conflittogiovanile di massa contro queste destre ». Chissà se anche dalle parti della scuola americana di Roma farà breccia l’atteso nuovo Sessantotto.
Scuola privata catanese anche per le figlie di Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd. Al club del «no alle statali» si è iscritto anche Francesco Rutelli, Anche lui negli ultimi giorni si è espresso, non tanto a favore della protesta studentesca, quanto controla linea «dura» di Berlusconi. Sicuramente nessuna delle sue due figlie dovrà subire interruzioni delle lezioni: una è iscritta al liceo privato «Kennedy» e l’altra alla prestigiosissima «San Giuseppe De Merode», scuola convista su Piazza di Spagna. Da quelle parti di okkupazioni, e cortei, se ne vedono pochi.