venerdì 7 febbraio 2014

Al di la della visiera (del casco)

Ogni sport ha i suoi riti. Bene o male tutti gli sportivi effettuano un rito prima di "vestirsi" dell'abito per praticare un'attività sia agonistica sia amatoriale. Certo per un nuotatore la cosa è un pò diversa ma sicuramente anche loro avranno i loro "riti". Per noi motociclisti "estremi", quelli della pista, la vestizione è sancita da consuetudini immutate nel tempo, perchè è in quel modo che scacciamo le nostre paure preparandoci ad entrare in un mondo "ignoto". Capirossi anni fa disse che ogni curva era l'ignoto perchè nessuno sa cosa ti può capitare, e questo avviene sistematicamente per ogni curva che fai, di ogni giro, di ogni gara o prova. Eppure la percorri lo stesso perchè è proprio l'ignoto a farti sentire vivo. Addirittura Marco Simoncelli poco prima di morire asserì che lui nella vita non avrebbe voluto fare altro e che 5 minuti in sella ad una moto da corsa valevano più di una vita passata dietro una scrivania. Ma non ci sono solo i campioni dentro le armature. Ci sono i piloti amatoriali, quelli che fanno del motociclismo uno sport particolare e tra quelli ci sono anche io sin dal 1991. Eppure ogni volta che mi siedo su di una sedia o dentro il furgone per vestirmi, l'emozione che provo è sempre la stessa e niente è mai scontato. I calzini sempre rossi, il sotto tuta, l'immancabile maglietta di 20 anni fa, e la tuta di pelle indossata con contorsionismi vari degni di un circense... Una volta "imbracato" è la volta degli stivali, rigidi quanto basta, e del casco. Quello in effetti è il momento più significativo perchè a quel punto hai celato completamente la tua figura e l'hai demandata ai segni tribali della grafia del casco e dei colori della tuta. C'è chi indossa tute vecchie e consunte, chi è nuovo di zecca, chi ha cambiato solo gli stivali, la moltitudine è sempre molto varia, ma una volta indossato il casco siamo pronti per il nostro destriero. Infilati i guanti, accendi la moto e parti. La pit lane la percorri ancora con mezza visiera aperta e la tuta non completamente chiusa (se fa caldo) ed arrivi dal marshall che ti blocca prima dell'entrata in pista. A quel punto il cuore aumenta il suo battito, matti la prima e sei dentro! L'immancabile controllo per vedere se sopraggiunge qualcuno e affronti già la prima curva, come hai già fatto mille volte, ma sempre prima curva è. Allarghi i ginocchi, li richiudi, sposti la testa, ti stiri le spalle e sei già in carena. Inizia la simbiosi con il tuo mezzo meccanico che hai accudito nel garage come se fosse un figlio o una figlia. Godi della lancetta del contagiri che sale e scende e se sei un pò navigato ti godi anche il panorama. Un panorama fatto di cordoli che ti sfrecciano da destra e sinistra, fatto dal nastro d'asfalto che ti scorre sotto le ruote ricco di graffiti neri, fatto di prati e di ghiaia, della tua immagine riflessa sul cruscotto, quella stessa che hai costruito prima di partire. Il rumore che si ode è un mix tra il ruggito della moto ed il vento che sibila all'interno del casco, che si attenua quando sei in carena e si accentua quando tiri la testa fuori. Il respiro adesso si è stabilizzato e la danza è iniziata. Accelerazioni, frenate come una coreografia interpretata nell'arco di un giro ripetuto svariate volte. Sembra sempre uguale ma la bellezza è proprio nella precisione del replicare ogni giro uguale all'altro. E se poi non hai bisogno della prestazione velocistica pura ti accontenti di fare una girata in moto a velocità smodata, che non potrai mai fare per le strade normali, magari godendo della foresta del circuito di Brno o le colline del Mugello. La bandiera a scacchi sancisce la fine della danza e il primo pensiero è sempre di gioia per aver concluso indenni la corsa che viene stemprata nel giro di ritorno verso i box. Cavalletto anteriore e posteriore, termocoperte e la moto è sistemata. Via i guanti, via il casco e l'immancabile bevuta per idratare la bocca che si è seccata come se fossimo stati in mezzo al deserto. Che tu sia Casey Stoner o Miniati Massimiliano (chi vi scrive) le sensazioni sono sempre uniche e personali perchè vissute al massimo delle nostre possibilità e al massimo della soddisfazione. Adesso riponiamo la tuta nell'armadio e quando non siamo in sella la passiamo ad osservare ogni tanto per vedere se è sempre li o è andata via da sola come se avesse una propria anima o solamente ...per cercare la nostra.   

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