lunedì 17 maggio 2010

Come marziani sotto il sole d'Agosto... in città...


"Ci metteremo il casco anche per andare a piedi" cantava Barbarossa qualche tempo fa... Stando alle ultime previsioni sul nuovo decreto che sancisce nuove regole al codice della strada, non siamo così poi molto lontani. In particolar modo alle prossime imposizioni sull'abbigliamento che dovrebbero imporre a tutti i motociclisti (utenti delle due ruote) durante la guida del proprio mezzo, indipendentemente da dove essi si trovino. Statisticamente è difficile trovare un motociclista in autostrada non vestito adeguatamente. Chi usa la moto lo sa ed è il primo a osservare le regole che ora ci vogliono imporre. Però la stessa moto che ti "porta" sulle Dolomiti o in Sardegna, serve anche per andare a lavorare tutti i giorni, facendo 5 o 10 km il giorno, giusto la distanza tra l'abitazione e il luogo di lavoro. E finchè è inverno poco male... Ma quando arriva l'estate? I 40 gradi? L'uscita serale con gli amici per andare "al fresco" in collina o in riva al lago? Stiamo sempre parlando di tragitti brevi, quegli stessi tragitti che fin'ora abbiamo affrontato in maniera serena, senza bisgno di vestirsi per un gran premio. Si perchè il decreto "salva" chi ha un mezzo a due ruote fino a 150, ma oltrepassata tale soglia iniziano i dolori. Si parte dalla scarpa tecnica, coccodrillo o tartaruga alla schiena, guanti, casco integrale, giubbotto di pelle o materiale resistente allo strusciamento (Cordura e simili), pantaloni... Allora mi sovvengono quelle immagini della sosta vicino alle stazioni balneari, dove uno sciame di moto e scooter sostano per aver "diportato" il loro proprietario ad una giornata di mare. Ma più che l'arrivo drammatica sarà la partenza, dove oramai "cotto" ma felice di essere stato bagnato dal sole e dall'acqua ti appresti ad indossare quel simpatico giubbotto di pelle abbinato al pantalone, anch'esso rigorosamente di pelle, dove la gamba stenta ad infilarsi perchè sia il gonfiore che la salsedine ne impediscono l'entrata. E mentre a noi motociclisti, appestati dalla sola colpa di essere più liberi di un automobilista, sulle strade, sulle autostrade, le macchine aumentano a vista d'occhio, imparentandosi ogni qualvolta l'una con l'altra nelle code degli esodi, dei ponti, o di quant'altro. E' altresi vero che l'80% dei politici conosce la moto solo per la popolarità di Valentino Rossi o Max Biaggi, perchè se mai ne fosse un usufruitore sarebbe un pò più sensibile e rispettoso verso chi invece la usa tutti i giorni per combattere il caos delle città e non solo. Facile fare il politico dentro l'auto blu, libero accesso ai centri urbani, corsie preferenziali e quant'altro...facile! Pensate che cadere a 50 km/h o fare un incidente sia diverso a seconda del mezzo che si guida? Pensate che il mio BMW GS1200R sia così più altamente pericoloso di un Piaggio Beverly 500 o di uno Yamaha TMAX? Iniziate voi ad indossare l'abbigliamento che ci volete propinare a noi, tanto più che vi farebbe bene per combattere l'adipe accumulato stando a sedere. Iniziate voi a vestirvi come marziani per poi dover andare ad una riunione in giacca e cravatta.
Dulcis in fundo il sedile per i bambini passeggeri... quello è ancor più fantastico... Fino a 12 anni è obbligatorio il sedile (del quale ancora non si conosce neanche la forma). Dunque io ho un amica che è alta 1.48 cm ed ha 35 anni. Il figlio di un mio amico che ha 10 anni è alto quasi 1.60. Stando al decreto il "bambino" dovrebbe sedere sul seggiolino, quando in realtà sarebbe più opportuno far sedere la mia amica... Queste signori miei sono contraddizioni che al politicante di turno non passano neanche per l'anticamera del cervello perchè non hanno un benchè minimo contatto con la realtà. E a noi novelli Iron Man e futuri piloti dei nostri mezzi non resterà che vestirsi come vuole il nostro governo il quale invece di rendere più sicure le strade sulle quali viaggiamo (colpa grave anche dei comuni), avrà la coscienza meno sporca se comunque un motociclista o uno scooterista cittadino, cadendo sui crateri delle nostre vie, si procurerà meno male di quando aveva soltano un misera e poco sicura t-shirt...
Ma fatemi il piacere!!!!!

lunedì 12 aprile 2010

Inizio col botto


E' finita col botto ed è iniziata nello stesso modo. Casey Stoner era caduto a Valencia nel giro di ricognizione ed è caduto ieri sera in Qatar, dove già al sesto giro stava andando a velocità fotonica. Ma si sa la tematica non è un pignone, come diceva un vecchio meccanico, e l'uomo più veloce del mondo ha dovuto fare i conti con il duro asfalto del deserto. Peccato davvero perchè poteva vincere comodamente visto anche il passo di gara degli avversari. Ma non è da Stoner accontentarsi, come invece ha fatto Valentino, il saggio, che visto cadere il suo avversario più forte ha allentato la presa sulla manopola destra, limitando i danni, inseguito da uno scatenato Dovizioso e da un redivivo Hayden gli unici in grado seguire il Dottore. Ma dato che il passo non era irresistibile per nessuno, alla fine è arrivato anche Jorge Lorenzo che, portandosi dietro l'ottimo rookie Spies, nell'arco dell'ultimo giro ha fatto fessi prima Dovizioso e poi Hayden arrivando secondo. Gara comunque di basso cardiopalma, senza troppi sussulti, se non qualche sorpasso maschio tra i primi che ha reso la visione non troppo soporifera. 17 i partenti 13 gli arrivati un pò pochini rispetto alla nuova classe, Moto 2, dove di piloti ne hanno da dare e da serbare. Bella gara, varia, con nuovi protagonisti, nuove moto, quasi spettacolare insomma, meglio della MotoGp secondo me. Sei secondi e mezzo di gap rispetto alla classe regina sono pochi e sono tanti, se si pensa che la 250 è stata vicina anche ad un secondo e mezzo. Però le gare sono belle quando sono combattute e varie e mi sembra che l'inizio prometta bene. Prova assolutamente fantastica invece nella 125 dove gli italiani hanno brillato per la loro presenza. Questo rimarca un vecchio discorso da me sempre sostenuto, che se non cambiano le politiche nazionali, avremo sempre meno piloti da crescere, ed è inutile sottolineare che il fratello di Valentino va già forte. Sicuramente ha nel DNA la scintilla, ma se non fosse il fratello del campionissimo sarebbe ad arrancare per trovare gli sponsor per correre nei campionati nazionali che costano quanto quelli europei.
Una bella tirata di orecchi anche al "partigiano" Meda al quale perdono tutto per la simpatia, ma non per un tifo verso Rossi quasi da carie ai denti. E' giusto avere simpatie ed è giusto celebrare Valentino sempre e comunque, però questa storia che se Stoner va più forte per via del mezzo tecnico, o perchè le altre hanno un supermotore e lui no, è un pò stantia. Le prime due moto arrivate ieri sono Yamaha, alla nascita della MotoGp il Sig.Rossi aveva una motocicletta che al Mugello levava gas nel mezzo del rettilineo (io ero sul muretto dei box) per andare più piano, eppure sembrava un fenomeno. Alla prima occasione di un avversario tosto, il Sig.Stoner, il Dottore ha perso il mondiale. Quindi diamo a Cesare quel che è di Cesare, esaltiamoci per Vale The Doctor, ma esaltiamo sempre la qualità degli avversari, perchè c'è anche chi ha festeggiato i 300 Gran Premi ieri (Capirossi), un italiano è arrivato terzo...
Bella come sempre invece la gara della Superbike nel catino valenciano, pista un pò stretta per i sorpassi, però sempre avvincente, con un sempre più costante Biaggi che insegue un ottimo Haslam cha anche ieri ha raccolto un preziosa vittoria e un furbo quarto posto. E' ritornato anche NitroNori, eterno secondo, che ieri ha avuto un ottimo guizzo nella seconda manches ed ha accorciato un pò la classifica. Come sempre la SBK al vero appassionato delle due ruote offre spunti di divertimento maggiore, non solo per i colori italiani, ma per la varietà dei protagonisti che, anche se poi a vincere è sempre un gruppo ristretto, ogni tanto si affaccia alla testa della corsa un nuovo arrivato che da un pò la sveglia agli altri (anche se poi si stende, Camier docet).
Comunque siamo solo all'inizio e speriamo in un miglior proseguo anche per la qualità delle telecronache che anche sul La7 non è che brillino per i contenuti...

lunedì 29 marzo 2010

L'età è solo un numero: Bravo Max!!!!


Con le parole di Marino Laghi, il preparatore atletico di Max Biaggi, si è concluso il secondo GP di Superbike a Portimao, in Portogallo. L'età è veramente solo un numero quando trovi nuovi stimoli per guidare al meglio una moto da corsa e Max ieri lo ha fatto alla sua maniera, duellando e vincendo. Non sono mai stato un tifoso di Biaggi, troppe le sue "bischerate" che gli hanno negato, forse, un più fulgida carriera. Ma sono un motociclista e, nel mio piccolo, guido anche io moto da corsa, e questo non si deve mescolare con il tifo becero e ignorante. Biaggi è un campione e un esempio da seguire quando è in sella ad una moto e questo, simpatico o no, è innegabile. Ieri a Portimao ha tirato fuori dal cilindro due manches spettacolari grazie al suo compagno di avventura, il giovane Haslam, che sta maturando, ma che ieri, di fronte al Corsaro, nulla ha potuto se non imparare a guidare. E' inutile che il suo capotecnico Guidotti dica che l'Aprilia va più forte e che Haslam guida meglio, perchè se così fosse, nel toboga portoghese avrebbe dovuto vincere. Invece Max è stato chirurgico e solo qualche sbavatura ha dato l'illusione al pilota inglese, spinto dalla sua prosperosa fidanzata, di poter vincere. Anche senza la lepre Spies, la pattuglia della SBK rimane sempre agguerrita e l'abbattimento del record di Portimao da parte del rookie Clutchclow, dimostra che la manopola del gas la girano sempre. Anche la BMW sta crescendo con la vittoria di Baldovini nella super stock e con una buona prestazione di Corser in entrambe le gare. Un pò in ombra il team Ducati ufficiale che brilla grazie al Team Altea con un redivio Carlos Checa due volte quarto con un sensibile gap tecnico rispetto alle quattro cilindri.
La settimana prossima inizia anche il motomondiale e auguriamoci, a dispetto del numero dei partenti, di poter avere almeno 4 o 5 piloti li davanti a rendere le gare motociclistiche come sempre emozionanti. Per tutto il resto che vinca il migliore perchè è un pò questo lo spirito del nostro sport, dove non ci sono moviole ne arbitri, ma solo ragazzi con un gran cuore e un gran coraggio e tanta voglia di divertirsi.

lunedì 15 marzo 2010

Casa mia

Non so se vi capita anche a voi di dare un anima, un identità anche ad un semplice oggetto come un cacciavite, un coltello, una tazzina, che vada oltre l'uso per il quale è destinato. Per non parlare dell'auto o della moto, vere e proprie compagne di avventura che trattiamo come fossero figli nutrendole, lavandole, portandole dal dottore... C'è anche un altro "oggetto" che prendiamo meno in considerazione ma col quale abbiamo a che fare tutti i giorni: la casa in cui viviamo. La casa è il contenitore di noi stessi, di quello che siamo, di quello che mangiamo, di quello che vestiamo, e non la vediamo come un compagno di avventura, però essa ci protegge, ci da riposo, ci riscalda... In questi giorni io ha lasciato casa mia, la casa che 20 anni fa decisi di comprare per stabilirvi la mia vita da grande, da adulto, lontano da quello status facile e comodo rappresentato dallo stare con i genitori. 20 anni, un quarto (se va bene) della vita di un individuo, un quarto della mia vita che è passato dai 24 anni ai 44 anni. In quella casa mi sono sposato, mi sono separato, ho vissuto da single, ho convissuto, sono ritornato single, sono nati i miei due figli... 20 anni di bollette, di foto appese che sono cambiate ogni volta, di sere a piangere sul divano, di momenti di gioia, tutto racchiuso in quattro mura che assorbono come una spugna, che conservano, mura però sempre fedeli. Eppure stanotte mi sono immaginato la mia casa triste e vuota, senza più la mia ingombrante presenza, il mio rumore, sola con i gatti che ho lasciato come guardiani e che tra un pò mi seguiranno nella nuova abitazione. Per fortuna che anche la nuova casa mi è familiare, perchè ci ho già vissuto prima di trasferirmi, e in un certo senso è un pò un ritorno alle origini e questo è uno dei motivi per il quale ho deciso di fare il passo. Però casa mia la porterò sempre nel cuore, anche perchè non avendola venduta, ne ho sempre la materiale disposizione, e spero un giorno di donarla ai miei figli, perchè saprò che li saranno al sicuro... Sai che non ti dimenticherò mai, ed anche quando non ci sarò più tu sarai sempre li, ad accogliere nuove vite, a sentire nuove storie e forse anche tu ne racconterai una, quella di un ragazzo che è cresciuto al tuo interno e che non ti dimenticherà mai...

venerdì 5 marzo 2010

La storia del dottore e del cardellino


In questi ultimi tempi è difficile soffermarsi a riflettere o pensare, tanta è la frenesia dell'arrivare a destinazione, sempre intenti ad occuparci di tutti e di tutto, tralasciando anche i particolari, come il cadere di una foglia o il canto di un uccellino. Eppure la breve storia che voglio raccontarvi è successa oggi, nella città frenetica, dove il rumore prevarica il suono del silenzio... Ed è proprio nel silenzio di una mattina che dalla canna fumaria della cucina odo un rumore, uno sbattere di ali, un grattare contro la parete, di un uccello, non meglio identificato (UFO:-) che evidentemente aveva deciso di fare lo speleologo o più semplicemente attirato dal tepore del tubo. Per fortuna, essendo al primo piano, la canna finisce e al suo ingresso avevo apposto, molto tempo prima, un aspiratore. Ma le lancette dell'orologio, come ogni mattina, stavano correndo e la fredda legge degli uomini mi imponeva inesorabilmente di recarmi al lavoro. Poco male, perchè comunque avrei risolto la questione nel primo pomeriggio. Ma ancora una volta la frenesia della città ti inghiotte e gli impegni diventano inderogabili e così il primo pomeriggio è diventato un pò più tardo. Con la speranza di non aver tardato l'intervento, armato di scala mi arrampico sopra i pensili della cucina, "busso" dentro l'aspiratore per cercare la conferma che quella piccola vita non sia volata via. Ma dall'altra parte nessun segno, nessun battito di ali, nessun rumore alcuno... Forse non ho fatto in tempo, forse il trauma della caduta, forse quei rumori erano gli ultimi movimenti...chissà... Decido allora di lasciar perdere, in fondo non l'ho spinto io nel tubo... Però un senso di colpa mi attanaglia, mi sento un pò colpevole, forse avrei potuto mandare alle ortiche il lavoro, gli impegni inderogabili...
La notte scorre come sempre nel silenzio, e più volte mi sono alzato guardando in alto, pensando che in quel tubo, forse, non ho sentito la richiesta di un amico in difficoltà... Il giorno successivo non c'era novità alcuna se non il solito trantran degli orari e degli impegni. Ma la vita, la storia e i destini hanno sempre disegni strani, ed ancora una volta il rumore della città non ha soffocato il rumore del risveglio del volatile, forse riposato nella notte e pronto a volare se qualcuno levasse quel maledetto oggetto tra lui e la libertà. Ed ancora una volta, quando meno te lo aspetti, il destino bussa alla porta, un amico, Roberto, dottore, passato casualmente per fare un saluto. In casa mia moglie ed i gatti. Spiegata la storia del povero animale, senza neanche preoccuparsi degli abiti "civili", quelli del lavoro e degli orari, si arrampica sulla scala e con caparbietà, fatica e sudore, riesce a levare quel fastidioso tappo con la speranza di dare la libertà a quella piccola bestiola. In un primo momento nessuno è apparso, poi improvvisamente un cardellino nero si affaccia dalla soglia del buco guardandosi intorno. "Libero!!" - avrà pensato - ma dove sono?". Un breve volo nella cucina... la finestra... Pam!!! Una craniata stellare contro il vetro... "Ma dopo 24 ore dentro un tubo, non sarà una stupida testata ad una finestra chiusa a fermarmi!". E così, una volta aperta, il piccolo uccellino è volato fuori, si è posato sul ramo dell'albero di fronte, ha gonfiato il petto ed ha guardato verso la finestra, dove Roberto lo stava ad osservare, certo di aver compiuto un bellissimo gesto nei confronti di quello che per il momento poteva essere un volatile, ma che per un breve, intenso, lasso di tempo era diventato un essere vivente che aveva bisogno di aiuto. E come nelle più belle storie a lieto fine, al saluto degli umani, il piccolo cardellino a chinato la testa due volte ha cinguettato felice ed è volato via, lasciando attoniti e increduli gli uomini con la loro logica e i loro ragionamenti, sottolineando, se mai ce ne fosse bisogno, che il rispetto deve essere universale, indipendentemente che siano uomini o animali, e che forse a volte sono più animali gli uomini...

lunedì 1 marzo 2010

Yamaha R1 2010 Vale Replica


Grazie agli amici di Punto Moto Firenze e Yamaha Italia, sono tornato a guidare una moto di serie a casa, al Mugello, in occasione del Mugello Motor Fest, iniziativa fortemente voluta da Promo Racing Firenze i quali, in collaborazione con l'autodromo stesso, hanno dato impulso a questa prima "puntata" di ritrovo per tutti gli appassionati del settore. Solo Kawasaki ha aderito in maniera ufficiale all'evento, le altre case tutte pressochè latitanti, tranne Yamaha, KTM e Aprilia, per volere di Valentini e Punto Moto (solo Yamaha). Tantissimi gli appassionati che hanno provato il brivido della pista con i modelli 2010, capitanati da istruttori esperti che li hanno portati in giro per i 5 km del tracciato toscano in tutta sicurezza, facendo registrare alla fine dei due giorni un solo ricoverato al pronto soccorso. Tra le diverse moto a disposizione, ho avuto anche la fortuna di avere nelle mani la "novità" dei 4 cilindri giapponesi, ovvero quella Yamaha che gira come un Ducati, che tanto ha diviso il pubblico motociclista in pro e contro. Non starò in questo articolo a addentrarmi in tutte le soluzioni e sigle varie, rapporti e quant'altro, mi limiterò soltanto a sensazioni personali sulla guida che ho provato, tanto, alla fine, il lettore appassionato vorrà sapere come va...:-)
Una premessa va fatta: poche sono state le persone che hanno subito capito la pista, tante invece quelle che, nonostante le uscite veloci del fine settimana, hanno arrancato sulle facili curve (a quella velocità) del circuito toscano e con questo vorrei dare una tiratina d'orecchi a tutti i bravoni in strada ma fermoni in pista...
Detto questo Yamaha R1 2010. Sono passati 12 anni da quando per la prima volta guidai il progetto R1 e devo dire che di strada ne è stata fatta parecchia. Sopratutto la cosa che mi è piaciuta di più è stato il motore. Bello, corposo sin da subito, il motore della Yamaha sembra fatto apposta per guidare senza troppo stress o la ricerca dei giri alti come gli altri giapponesi. Certo urla meno ed è molto più gutturale, ma al Mugello in una guida veloce ma in completa sicurezza, non c'è stato quella necessita di avere sempre il piede sul cambio, anzi... Provando a spingere le esse del Mugello venivano bene anche in terza marcia, e comunque la seconda non risultava mai stressante o "impegnativa" come un normale 4 cilindri. L'accessione della spia luminosa del cambio marcia potrebbe essere un optional perchè anche sotto tale soglia, la marcia successiva entra bene ed inizia subito a spingere. Dolce e non fastidioso anche l'innesto dell'antisaltellamento allo scalare della marcia, proveniendo da alti regimi, di solito altri cambi tendono ad imputare prima dell'inserimento dello stesso. Qui sull'R1 sembra quasi che ti assista, addolcendoti anche l'azione del freno motore che risulta progressiva. Una nota importante va fatta sul tasto MODE, posto sul tronchetto dx. Yamaha offre tre mappature per la guida della sua moto: STD (Standard) B e A. Durante il run più lungo ho un pò smanettato sul pulsantino e devo dire che le differenze si notano in maniera sostanziale, sopratutto tra la A e la B. Infatti Yamaha ha scelto la mappatura A per il massimo della performance e la B per fondi "bagnati" o una guida più dolce. Sono subito partito con la A tanto per sentire il motore, e devo dire che sale subito forte, non troppo diversamente dalla STD però più cattivo sicuramente. Considerando le gomme di serie e i chilometri che avevano, più la giornata freddina, una bella derapata di posteriore all'uscita della Bucine, mi hanno consigliato di switchare sulla B. Devo dire che nonostante i tagli più decisi, mi sono divertito molto a guidarla più dolce, utilizzandola più di coppia che a la ricerca dei giri, stancandomi forse meno, e a parità di gomme, anche più sicuro. Non so come in strada si possano notare queste differenze, ma di certo in pista sono molto godibili, evitando magari di spendere soldi per centraline o eprom aggiuntive. Passando all'assetto, qui il discorso si fa un pò di parte, sempre per la destinazione pista-amatoriale. Certamente a Iwata pesano meno del sottoscritto, che con i suoi 100kg in ordine di marcia, non ha quello che si dice il fisic du role, però dato che sul suolo italico regnano gli spaghetti... Devo dire che la moto che avevo erà stata regolata da DCorsa FG Suspensions, perchè il turno prima l'aveva presa Alex Torcolacci e lui non è un fermo come me... Consolazione è che l'utente medio è mooolto più vicino a me che a lui..:-) Comunque, partendo dall'anteriore, la forcella si è comportata bene sia di molla che di idraulica, facilitata anche dal raffreddarsi dell'olio grazie anche alla bassa temperatura. Nel trasferimento di carico mi ha dato la sensazione di robustezza, forse anche eccessiva per correre, ma ottima per divertirsi. Per il posteriore, come tutti i posteriori in circolazione, ci sono sempre i soliti problemi riscontrabili dal quinto, sesto giro in poi, dove un eccessiva perdita dell'azione idraulica rendono incoerente tutta la zona posteriore che tende a sedersi e a rendere la moto ancora più pesa... A pro è andata invece la geometria globale, poco caricata nel posteriore (cosa che non avviene per tutte le moto di serie) ma già più "puntata" in avanti necessitando forse in futuro di un allungamento dell'interasse della sospensione di 3 o 4 millimetri per renderla ancora più neutra a centro curva.
Diciamo che è una moto per gli amatori, che arrivano a lambire tempi interessanti sul giro, ma che se vogliono spingere ancora più forte c'è molto da lavorare (Superbike docet). Per quello che dobbiamo fare noi appassionati potrebbe andare molto bene, sopratutto in piste come Mugello, BRNO, non kartodromi come Magione o Adria, tanto per citarne alcuni. A me non è piaciuta l'estetica, troppo macchinosa, poco filante, ed anche la versione trofeo si discosta poco, quindi c'è un errore di progettazione nelle carenature, pese anche all'occhio quando ci sali sopra, dove nella zona fari e convogliatori air box c'è un pò troppo materiale. Sicuramente sono studi fatti in galleria del vento, ma mi sembra che di vento ne sia tirato un pò troppo... Si sa anche l'occhio vuole la sua parte e forse i colori FIAT aiuteranno a venderne di più e come sempre saranno le vendite a sancirne il successo o meno. Credo che la base per il futuro sia il motore già ottimo così... però per entrare nel cuore dell'appassionato medio ci vorrà uno step in più, a partire dal rivedere tutta la zona carene e forse rivedere anche lo scarico sottosella, anche perchè se Valentino andrà in Ducati le vendite caleranno... Spero però di rimontarci ancora e questo è già un buon inizio.

sabato 16 gennaio 2010

Usa, 007 e Seychelles: il lato oscuro di Di Pietro

di Luca Fazzo

La biografia di Di Pietro costellata di incognite: i legami coi servizi segreti italiani e americani, il giallo della laurea, fino al frettoloso addio alla toga. L'ex pm mette le mani avanti ma s'incarta.
Se si vuole capire davvero la furibonda arrabbiatura di Antonio Di Pietro per il dossier che (secondo quanto da lui stesso rivelato) lo vorrebbe collegare all’universo dei servizi segreti, bisogna andare indietro di dieci anni e più. All’ultimo periodo italiano di Bettino Craxi, e poi al lungo crepuscolo ad Hammamet. È in quel periodo che il leader socialista rende sempre più esplicita la sua convinzione, maturata fin dagli esordi di Mani Pulite e poi rafforzatasi strada facendo: quella che l’origine dei suoi guai giudiziari stia da qualche parte nella nebulosa dei servizi segreti, e più direttamente nella frangia della nostra intelligence di obbedienza americana. La convinzione che Mani Pulite fosse stata - se non progettata - comunque oliata ed agevolata da Oltreoceano, da quella parte di establishment Usa deciso a chiudere i conti con l’anomalia italiana, con l’Andreotti del dialogo con gli arabi, con il Craxi dell’affronto di Sigonella.
Questa convinzione - ribadita implicitamente pochi giorni fa da Rino Formica, ex ministro socialista - passava necessariamente per una rivisitazione del personaggio Di Pietro. Non c’erano solo le Mercedes, i prestiti, le piccole magagne per cui Di Pietro verrà processato e assolto. C’erano dubbi ben più corposi, e che comportavano una rilettura integrale della biografia del magistrato milanese: una carriera solo in apparenza naif, e in realtà compiuta sotto l’egida degli apparati occulti dello Stato, di qua e di là dall’Atlantico. È una ipotesi che, oggi come allora, Di Pietro considera una calunnia senza capo né coda. E fornisce risposte - a volte precise, a volte meno - sui misteri, veri o presunti, della sua storia personale. Eccone una sintesi.
Il rientro in Italia. Secondo le biografie autorizzate, Di Pietro emigra in Baviera nel 1971, a ventun anni, e rientra in Italia due anni dopo. Colpo di scena. Viene assunto dall’Aeronautica militare, e assegnato alla struttura che si occupa di controllare la sicurezza delle forniture ad alta tecnologia bellica delle nostre industrie. È una mansione da sempre svolta in parallelo con un reparto apposito del Sismi, l’Antiproliferazione. E comunque chi vi lavora deve godere di un lasciapassare di sicurezza che in quegli anni viene rilasciato proprio dagli 007. Come fa Di Pietro a ottenere immediatamente il nulla osta? La versione di Tonino è semplice: ho fatto un concorso come impiegato civile, l’ho vinto e sono entrato all’Aeronautica.
La laurea. Il 19 luglio 1978 Di Pietro si laurea in Giurisprudenza alla Statale di Milano. Nel giro di trentuno mesi ha sostenuto ventidue esami, a un ritmo forsennato. Un esame che terrorizza tutti gli studenti di legge, «Istituzioni di diritto privato», lo sostiene e lo passa dopo appena un mese dall’esame precedente. Si laurea con una tesi in Diritto costituzionale, voto 108/110. «Lavoravo di giorno e studiavo di notte», è sempre stata la versione di Di Pietro: e d’altronde la sua incredibile capacità di lavoro è nota. Ma una serie di stranezze rafforzano i dubbi di chi ipotizza che il suo percorso accademico sia stato accompagnato da segnalazioni e raccomandazioni. Un appunto del centro Sisde di Milano sostiene che Di Pietro in quegli anni era in contatto con un diplomatico Usa in servizio nel nord Italia, e con una associazione vicina alla Cia. In una indagine riservata dei carabinieri dell’Anticrimine milanese si legge che il giorno in cui risulta avere sostenuto un esame, in realtà Di Pietro era fuori città: ma sono illazioni che resteranno prive di riscontro. Come pure i sospetti sul ruolo di Agostino Ruju, avvocato, legato ai nostri servizi segreti, che alla Statale fa l’assistente di Diritto costituzionale quando Di Pietro si laurea proprio in quella materia. A indicare Ruju come uomo dell’intelligence sarà Roberto Arlati, uno dei collaboratori più stretti del generale Dalla Chiesa. Peraltro sia Ruju che Arlati verranno arrestati da Di Pietro nel corso di Mani Pulite.
Al fianco di Dalla Chiesa? In una intervista a Paolo Guzzanti, la madre di Emanuela Setti Carraro racconta che Di Pietro lavorava agli ordini di suo suocero, il generale Dalla Chiesa, nella lotta al terrorismo. Non indica date precise, ma l’episodio dovrebbe essere precedente al 1980, quando Dalla Chiesa viene trasferito al comando della divisione Pastrengo: all’epoca, dunque, Di Pietro è ufficialmente ancora un dipendente civile dell’Aeronautica.
L’ingresso in magistratura. Sul concorso con cui, due anni dopo la laurea, Di Pietro entra in polizia non ci sono ombre. Nei dossier craxiani ce ne sono invece, e corpose, sul modo in cui nel 1981 il commissario diventa magistrato, superando al primo colpo un concorso famoso per la sua asprezza. Ai giudici della commissione d’esame resta impressa una certa rozzezza espositiva del candidato. A presiedere la commissione c’è il giudice Corrado Carnevale che più tardi racconterà di essersi fatto commuovere dal curriculum dell’ex emigrante. Ma ancora più inconsueto è quanto accade tre anni dopo, quando il consiglio giudiziario di Brescia valuta l’«uditorato» (cioè l’apprendistato) di Di Pietro. È un giudizio molto severo, che conclude per l’inadeguatezza di Di Pietro a diventare magistrato. Ma il Csm ribalta tutto e promuove l’uditore Di Pietro. Tra i membri del Csm c’è allora Ombretta Fumagalli Carulli, una deputata Dc in ottimi rapporti con gli Usa, che diventerà uno dei primi fan delle indagini anti-corruzione a Milano. Ma Di Pietro ha dalla sua una dichiarazione al Csm del procuratore capo di Bergamo, Cannizzo, che appena un anno dopo cambia radicalmente il giudizio su di lui, aprendogli la strada al trasferimento alla Procura di Milano.
Il viaggio alle Seychelles. È l’episodio più surreale, quello dove è più difficile collocare le tessere in un mosaico sensato. Ruota intorno a Francesco Pazienza, un faccendiere dai mille contatti, iscritto alla loggia P2, bene introdotto negli ambienti dei nostri servizi segreti. Nel 1984 Pazienza viene accusato di avere creato, insieme ad alcuni boss dell’intelligence, una sorta di servizio segreto parallelo, viene colpito da mandato di cattura e si rifugia alle Seychelles. Craxi, che allora è presidente del Consiglio, gli scatena contro il Sismi. Mentre i servizi cercano inutilmente di afferrarlo, alle Seychelles sbarca Di Pietro, sostituto procuratore a Bergamo, ufficialmente in viaggio di piacere. Di Pietro si mette sulla tracce di Pazienza, all’insaputa dei suoi capi. In una dichiarazione riportata dal giornalista Filippo Facci, l’allora capo del Sismi Fulvio Martini ipotizza che «Di Pietro lavorasse anche per il ministero degli Interni e avesse mantenuto legami con il precedente mestiere».
Il viaggio in America. Nel 1985 Di Pietro arriva a Milano, in Procura. Inizia a scavare sul marcio nella pubblica amministrazione partendo dal caso delle «patenti facili». Tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992, con la testimonianza di Luca Magni e l’arresto di Mario Chiesa, dà il via all’operazione Mani Pulite. Nel giro di poche settimane viene sollevato il coperchio sulla inverosimile commistione tra business e politica che si è impadronito dell’ex «capitale morale». Tutta l’Italia tifa per Di Pietro. Ma a ottobre, nel pieno del tourbillon dell’inchiesta, il pm sparisce improvvisamente da Milano e vola negli Stati Uniti. Non si sa bene cosa faccia. Di certo partecipa all’interrogatorio di un imprenditore italiano, tale Grassetto. Poi svanisce, i cronisti italiani gli danno la caccia tra New York, Los Angeles, la Pennsylvania. Sui giornali si parla di una traccia che metterebbe in collegamento le indagini di Mani Pulite con i fondi americani di Cosa Nostra: non se ne saprà mai più nulla. Di Pietro fa una sola dichiarazione: «Siamo qui per alcuni incontri con giuristi e agenti dell' Fbi che ci devono spiegare come si fanno qui in America certe indagini». Ma si dice che venga ospitato anche da quelli della Kroll, la superagenzia di investigazioni private che da sempre lavora anche per l’intelligence a stelle e strisce.
Dimissioni dalla magistratura. Qui i servizi segreti non c’entrano, ma siamo comunque nella categoria del «giallo». Il 6 dicembre ’94, dopo avere concluso la sua requisitoria nel processo Enimont, Di Pietro si toglie la toga e comunica al procuratore Borrelli la sua decisione di lasciare la magistratura. Nei giorni precedenti appariva provato psicologicamente, c’è chi racconta di averlo visto scoppiare a piangere all’improvviso, senza motivo, in ufficio. La spiegazione di Di Pietro è: sapevo che stavo per venire incriminato, dimettendomi ho evitato che a venire travolta fosse l’intera inchiesta e contemporaneamente ho potuto difendermi con maggiore libertà. I fatti gli daranno ragione, verrà assolto e Mani Pulite andrà avanti (anche se per poco). Eppure sono in diversi a pensare che anche la storia di quell’addio sia, in tutto o in parte, ancora da scrivere.

lunedì 4 gennaio 2010

De Magistris. il fallito di successo

di Vittorio Sgarbi

Da pm ha sempre perso: ma i continui stop a quei processi inventati gli hanno permesso di vestire i panni della "vittima dei potenti". E vincere così un posto a Bruxelles nell'Idv
Su cosa si misura il successo di un uomo? Su quello che ha fatto. Successo è una parola eufonica, che trasmette un’emozione positiva, che indica il buon risultato dell’azione di una persona determinata. Che ha successo, dunque. Ma è una parola strana, trattandosi di un participio passato sostantivato. Successo discende da succedere. Avere successo non vuol dire altro che è successo qualcosa. Successo, appunto, è quello che è successo. Avendo letto ieri mattina le dichiarazioni di Luigi De Magistris su Berlusconi, inique e preconcette, con l’irritazione mi è venuto immediatamente da pensare, come ogni volta che sento un moralista: da che pulpito parla questo? Cosa ha fatto De Magistris?
L’unica cosa che gli è riuscita è quella che contesta a Berlusconi: fare politica. Avendo ottenuto consenso non per quello che ha fatto ma per quello che non ha fatto, o che ha fatto male. Berlusconi ha raccolto consenso attraverso l’immagine. E De Magistris ha fatto lo stesso attraverso un procedimento più inquietante e pericoloso. Per spiegarlo devo risalire a un reato che non esiste, ma che mi fu configurato, negli anni in cui polemizzavo con Di Pietro e con i magistrati di Mani pulite, da un loro amico e collega, contiguo e indipendente: Italo Ghitti, celebre gip che, in numerose occasioni (credo non sempre), ratificava le richieste di arresto dei pubblici ministeri di Milano. Al culmine dell’azione del più facinoroso di loro, Di Pietro appunto, che si configurò nell’epico scontro con Craxi indicando le due polarità del buono e del cattivo sul modello di Davide e Golia o (nella mentalità più infantile del Di Pietro) di Ginko e Diabolik, Ghitti mi confidò: «Lei, pur nella sua esuberanza, talvolta dice cose condivisibili, ma rimprovera a Di Pietro e ai suoi comportamenti in astratto non emendabili, sulla base delle inchieste o delle dichiarazioni di collaboranti (magari indotti a parlare con la tattica degli arresti). Per essere più efficace dovrebbe rimproverare a Di Pietro il reato più evidente, anche se non formalmente contemplato dal codice: quello di “corruzione di immagine”.
Chiesi chiarimenti. Mi disse (erano i giorni in cui Di Pietro annunciava il suo abbandono della magistratura, misterioso per molti, ma chiarissimo in questa luce), che gran parte delle azioni spettacolari di Di Pietro erano finalizzate a ottenere, per contrasto con la presunta o acclarata disonestà dei potenti, consenso affermando la propria purezza, la propria differenza. Io mostro che Craxi è un ladro, e prendo il suo posto. Così è andata. E così sempre di più appare affermata la posizione politica di Di Pietro rispetto al Partito democratico, nelle stesse forme del Psi di Craxi rispetto alla Dc e anche (nella logica dei due forni, fortemente limitata oggi dal bipolarismo) al Pci. La diagnosi, e ancor più, la previsione di Ghitti, appaiono oggi impeccabili. Ma se l’accusa di ipotetico reato di «corruzione di immagine», e cioè di inchiesta fatta per mettere in cattiva luce l’antagonista e occuparne lo spazio politico, vale per Di Pietro, massimamente vale per le inchieste e la carriera di magistrato di Luigi De Magistris.
Non solo i gravi rilievi contestati dal Csm (e puntualmente confutati da De Magistris), ma l’analisi di tutte le indagini e di tutta l’attività inquirente (con grandi teorie di complotti, P2, massoneria et ultra) porta alla conclusione che nessuno dei perseguiti (per non dire perseguitati) da De Magistris è stato condannato. Archiviazioni, assoluzioni, non luogo a procedere: un’impressionante quantità di fallimenti dopo un grande rumore e spettacolari coinvolgimenti sostenuti dalla grancassa di una televisione asservita al mito dell’eroe solitario e ostacolato da poteri occulti. In realtà presunzioni, insensatezze, sparate accompagnate da un vittimismo televisivo e dal fuoco amico dei Travaglio e dei Santoro. Gli spari hanno procurato feriti, fortunatamente non morti (come è capitato con le inchieste di qualche altro magistrato), ma sono stati i clienti di De Magistris, Prodi, Mastella, Loiero, Cossiga, Sanza, Luongo, Bubbico, De Filippo sul versante prevalente della politica; mentre il collega Vanesio di De Magistris, Henry John Woodcock, si occupava del mondo dello spettacolo, indagando e arrestando illustri personaggi come Vittorio Emanuele di Savoia, Fabrizio Corona, Lele Mora, Flavia Vento, Francesco Totti, Elisabetta Gregoraci, Cristiano Malgioglio.
Insomma, star della politica e dello spettacolo, trasformando Catanzaro e Potenza in capitali dell’azione giudiziaria. Altro che Palermo e Milano. Potenza della noia. Desiderio di successo. Fallimento assoluto delle indagini. Il compito di un magistrato dovrebbe essere, nel desiderio dei cittadini onesti, l’individuazione dei colpevoli. L’obiettivo di De Magistris sembra essere stato quello di creare dei casi, di inventare dei colpevoli importanti e di fare la vittima. Ottenendo l’applauso dei cittadini che odiano i potenti, e godono nel vedere abbattuti i palazzi.
Sarebbe interessante di fronte alla mancanza di responsabilità diretta del magistrato per le sue indagini sbagliate, sentire l’opinione dei parenti delle vittime, per esempio della moglie del senatore Bubbico, che vorrebbe ottenere risarcimento dopo l’infondato sputtanamento. Ma De Magistris non paga. Quello che non può più fare con le inchieste fa con le parole. È un fallito. Ma un fallito di successo.

sabato 2 gennaio 2010

Moschea a Genova

Ha innescato durissime polemiche la decisione presa dalla Giunta comunale di Genova in favore della costruzione della moschea cittadina. Per molti, sebbene non sia una delibera, è il passo ufficiale verso la posa della prima pietra di un edificio che divide l’opinione pubblica. Sul piede di guerra il centro-destra, all’opposizione, che sostiene che la città ha ben altri problemi da risolvere e critica la data scelta per prendere la decisione: la riunione pre-natalizia del 23 dicembre, senza annunci. I consiglieri regionali del Pdl Gianni Plinio e Matteo Rosso hanno annunciato di avere chiesto al Comune copia del documento, per formulare il quesito referendario per vietarne la costruzione.

La moschea sorgerà su un terreno di 5.000 metri quadri nel quartiere Lagaccio, nella zona collinare sopra la stazione ferrovia Principe. Il complesso non è stato venduto ma dato in concessione per un periodo di 60 anni, estendibile fino a 99. Dopo 15 anni, però, sarà possibile acquistarlo, purché non vi siano stati commessi in quel lasso di tempo dei reati. In “cambio” il Comune ha ottenuto dalla comunità musulmana 91 metri quadri in via Coronata, necessari per finire un’opera di viabilità.

Le polemiche politiche non sono mancate. Per il candidato del centro-destra alle regionali 2010, Sandro Biasotti (Pdl), “sulla moschea il Comune di Genova ha fatto come il politburo dell’Unione Sovietica. Ognuno deve poter professare la propria religione in piena libertà, ma la politica deve saper capire quando è meglio rinviare una decisione che viene vissuta in maniera conflittuale”.

Getta acqua sul fuoco Andrea Ranieri (Pd), assessore alla Cultura e all’innovazione, che a Libero spiega: “Abbiamo voluto mettere nero su bianco le condizioni per la stipula della convenzione che sarà firmata tra la comunità musulmana genovese e il Comune”. Della moschea, con probabile minareto, si occuperà una fondazione che ancora deve costituirsi: sarà composta da musulmani (cittadini) genovesi, dovrà mantenere economicamente il luogo di culto e avere prima sottoscritto la Carta europea dei musulmani. “Tra le condizioni poste dalla Giunta – dice Ranieri – c’è che la predicazione avvenga in italiano e che la moschea sia aperta al pubblico”. L’obiettivo del Comune è creare un centro religioso-culturale simile alla Grande moschea di Parigi.

Ora il prossimo passo, dopo la creazione della fondazione musulmana genovese, sarà la stipula della convenzione, che poi passerà al vaglio del Consiglio comunale. Ma prima il centro-destra intende indire il referendum e far decidere ai cittadini.

martedì 15 dicembre 2009

Lontani da tutti e da tutto


Che si fosse al capolinea questo si era già capito. Ma che adesso siamo entrati anche in stazione con la previsione di non ripartire più è veramente drammatico. Il fatto dell'aggressione a Berlusconi sancisce come in questo paese che i "proclamatori" della democrazia sono gli stessi che formerebbero le squadracce di lontana memoria. La violenza subita dal presidente del consiglio non è nulla rispetto a quello sparuto gruppo di persone che inneggia a Tartaglia come un eroe. Ma si sa, non è la prima volta che la piazza fascista inneggia ad un delinquente, Carlo Giuliani docet. Perchè che gli piaccia o no, gli agitatori delle bandiere rosse, del Che, delle bandiere arcobaleno (che in realtà sarebbero il simbolo dei gay), e che proclamano a gran voce la democrazia, sono gli stessi che appenderebbero Berlusconi per i piedi al distrubutore di Piazzale Loreto se ancora ci fosse. Come se non bastasse i tribuni di questa massa informe di popolo, inneggiano loro stessi alla violenza compresa quella donna più bella che intelligente della Bindi. Ex cattolici, trasformisti per l'occasione, diventati baluardi di questo popolino brutto, ignorante e grezzo, pronti a buttarsi in piazza al grido "via Berlusconi"!!! Vorrei ricordare ai lor signori, tutti, che la maggioranza del popolo, quella che forse urla meno ma lavora di più, democraticamente si è espressa a favore di Silvio Berlusconi, e non mi sembra che alle urne ci siano i militari, anzi... La maggior parte dei presidenti dei seggi sono dipendenti statali e non mi sembra che abbiano forti simpatie per la coalizione che è al governo. Personalmente non ho mai votato per Berlusconi, ne per il partito che rappresentava, ma democraticamente ho sempre accettato il volere del popolo sovrano, anche quando l'Italia era rappresentata dall'armata Brancaleone Prodi. Sarei più propenso per invocare lo spirito di Junio Valerio Borghese, se proprio vogliamo parlare di "rivolta" perchè prima di tirare in faccia una statuetta a Berlusconi ci sarebbero altre "purghe" da attuare, ad altri personaggi della quale moralità e coerenza ci sarebbe da discutere. Vedere altre facce sanguinanti potrebbe essere altrettanto piacevole, ma citando Oscar Wilde "Se ti servi della violenza sei sprovvisto d'intelligenza"... Per fortuna la maggioranza degli italiani ne sono provvisti ma direi che ci siamo un pò stufati di essere in balia di chi mena le mani o di chi urla incessantemente o di chi politicamente volta la gabbana. I politici tutti, vincitori e perdenti, Capo di Stato compreso, devono garantire la volontà del popolo, che ha eletto Silvio Berlusconi da Arcore il capo del Governo, e se l'opposizione insieme alle altre banderuole lo vogliono far abdicare, lo devono fare con gli strumenti democratici, battendolo sul suo stesso piano, non dando voce a zoccole o bugiardi falsi pentiti. Mio nonno diceva sempre che si stava meglio quando si stava peggio e studiando la storia inizio a credere che avesse veramente ragione...

giovedì 10 dicembre 2009

L'asilo delle omertà

Della vicenda dell'asilo nido di Pistoia ne è già stato scritto e parlato da tutti e da tutto, e non è in questo post che voglio addentrarmi sul cosa farei e come alle due "maestrine". Permettetemi però di disquisire sull'atteggiamento di certi pseudo conduttori televisivi, in particolare Massimo Giletti, che se non fosse per qualche santo in paradiso, forse farebbero meglio a fare gli uscieri (senza offesa per quest'ultimi). Domenica un po’ tutte le televisioni ed i loro show, hanno dedicato uno speciale su questa brutta vicenda, e nello studio di Giletti erano presenti anche due genitori, peraltro giovanissimi, di un bimbo maltrattato nell’asilo. La cosa che più mi ha colpito è stata l’espressione della madre, quasi incredula nonostante aver visionato ripetutamente le immagini della polizia, quei giovani occhi velati da un dolore che si è abbattuto sulle loro giovani vite. Di contraltare era invece l’espressione di Giletti, contrita seria, col sopracciglio delle peggio occasioni, come se l’essere “serio” enfatizzasse già il momento drammatico dei due genitori astanti. Non solo, l’incerato conduttore ad un certo punto se ne uscito con l’infelice battuta sulla differenza tra istituti privati e pubblici, sottolineando di come non sia vero che nel privato certe cose non succedono, anzi… nel pubblico vengono effettuati test e prove attitudinali per l’ammissione alla professione, cosa che evidentemente non avviene nel privato. Rimuginando per l’uscita poco felice la trasmissione va avanti con una mamma che racconta di un episodio subito dalla figlia nell’anno 2000, di una lussazione alla spalla, giustificata come normale incidente tra ragazzi. La bambina all’epoca aveva già avvisato la mamma che non era stato un incidente, e dopo varie richieste fatte alla maestra, la mamma in questione si è sentita minacciata se il fatto usciva dalle mura dell’asilo. Ironia della sorte, la stessa bambina, oggi, quando ha visto le foto delle due indagate ne ha riconosciuta una come la sua “feritrice” dell’epoca. Ma allora caro Giletti dove sta l’inghippo? Nel dire che nelle strutture private non fanno selezioni o che la gente comune vive in uno stato di omertà, tant’è che ha permesso il perpetrarsi delle cose fino al 2009? Se all’epoca fosse partita una denuncia e la successiva indagine, come è avvenuto oggi, tanti abusi si sarebbero risparmiati, tanto più che le persone sono le stesse!!!!!!!. Ma siccome evidentemente abbiamo paura anche della nostra ombra e poca fiducia nella giustizia, aggiungo io, tutti stiamo zitti, tanto più che poi sono venuti fuori altri casi anomali con il relativo silenzio da parte dei genitori. E allora mi domando caro Giletti: era così politicamente comodo sottolineare la differenza tra il privato e il pubblico, oppure era meglio porre l’accento sull’omertà delle persone? Con quella frase volevi avere la compiacenza di qualcuno? Ti ricordo che quasi tutti i politici e personaggi vip mandano i loro figli in strutture private (leggi qui). Dato che hai la fortuna di entrare nelle case delle persone, cerca di fare informazione, non di fare del bieco qualunquismo. Insegna, suggerisci alle persone di denunciare questo tipo di comportamenti, perché nessun test attitudinale, ne esame di stato, può far emergere comportamenti al limite della nevrosi. Ti ricordo che per molte persone quelle due maestre erano bravissime… Non siamo solidali al dolore solo con un espressione “seria”… Al dolore si può essere solidali anche facendo crollare i tabu che ancora regnano nella nostra società…. caro Giletti…

martedì 1 dicembre 2009

Non c'è più religione

Si potrebbe pensare di uscire un ora prima, ma purtroppo non è così. Leggo le dichiarazioni del nuovo segretario del Partito Democratico Gianfranco Fini, il quale dice che la Svizzera fa male a vietare la costruzione dei minareti. Il presidente della Camera è noto alla stampa per le sue ultime dichiarazioni non proprio di destra anzi, recenti standig ovation a palchi e pulpiti di sinistra gli hanno conferito la nomina a segretario del PD mettendo definitivamente in ombra un mai nato Bersani. Indipendentemente dai vari salti della quaglia che testimoniano veramente di quanto la politica sia ormai un teatrino di bassa lega (mi si perdoni l'accostamento), mi sembra che l'onorevole Fini sia giunto al suo capolinea umano, ed anche se troverà fortune in altri lidi, il buon vecchio Almirante da lassù lo ha già scomunicato. La Svizzera ancora una volta ha deciso di testa sua, sicuramente leggendo la Rabbia e l'Orgoglio, di un autrice italiana, che in patria è stata crocefissa solo per aver detto cose riguardanti l'Islam. Ma non è la religione della mezza luna che stiamo contestando anzi, ognuno è libero di esprimersi, ma nella terra che fu di Roma, ci pare un pò strana tutta questa benevolenza. La Svizzera ha deciso grazie ad un referendum, ed il suo popolo ha parlato chiaro. Se anche in Italia si facesse, sapremo se il popolo sovrano diventerà benevolo nei confronti dell'Islam o semplicemente chiarirà che in questo paese tutti sono liberi purchè si integrino con le nostre tradizioni. Ma per un fondamentalista che pianta le tende in Italia, il terreno risulta molto fertile, trovando una chiesa in totale decadenza ed una classe politica priva della spina dorsale. E se poi uno dei capi storici della destra parla in questi termini, il gioco è presto fatto. Non so cosa porterà tutto questo, ma sicuramente, un domani, dovremo fare i conti con la benevolenza di oggi, perchè anche la libera Olanda si sta ribellando, e loro non non sono come noi, il popolo tutto è capace di svolte. Ma noi siamo veramente un popolo? Siamo un gruppo di trasformisti pronti a dire di si dalla parte dove ci fà più comodo, senza sapere che le conseguenze, a volte, non ricadono nell'immediato, ma sopratutto un domani e a pagarne le conseguenze saranno i nostri figli...

domenica 8 novembre 2009

La caduta degli Dei


L'ultima gara del motomondiale a Valencia ci ha riservato parecchie sorprese e poche conferme. Iniziamo con la caduta nel giro di ricognizione di Stoner, strana o ingenua che dir si voglia, fatto sta che in una sinistra, peraltro effettuata a velocita veramente ridotta, l'australiano è stato disarcionato come uno alle prime armi della MotoGp, cadendo rovinosamente al suolo, vanificando tutto ciò di buono fatto nel weekend. Strana anche la succesiva non dichiarazione del pilota come quella dell'ingegnere Preziosi, che imputava a rivedere le procedure di partenza. Che significa questo? Che anche il giro di ricognizione l'elettronica è così fondamentale? Certo è che il re delle derapate è caduto in maniera strana e ancora, da parte di Ducati, non ci sono dichiarazioni ufficiali. Anche il secondo posto di Valentino è da considerarsi una caduta. Infatti dal rientro di Stoner e con il titolo già in tasca, il Dottor Rossi non ha più vinto una gara, e non è da lui essere così arrendevole, tantopiù che Pedrosa sembrava veramente alla sua portata. Altro caduto dal piedistallo il coriaceo Lorenzo, che alla vigilia aveva fatto proclami ben diversi, come per la mancata conquista della pole position e per la vittoria che si sentiva in tasca. Scendendo in classifica troviamo un Dovizioso veramente sottotono per tutta la stagione, Doningthon a parte, vittima forse della strana politica della Honda, ma comunque un pò pochino per la sua pseudo classe. Si salva Pedrosa che in casa ha svolto il suo compito ed ha portato alla Honda l'ultima vittoria del 2009 conquistando il terzo posto in classifica generale. Bene anche il debuttante Ben Spies che ha colto un ottimo settimo posto davanti a chi nel mondiale naviga da tempo. Cade anche Simoncelli nella ultima gara delle 250, che ha consacrato l'ottimo Aoyama l'ultimo campione del mondo giapponese, di una stagione che lo ha visto protagonista, come nella gara di Valencia, dove ha fatto saltare le coronarie al suo team manager Mularoni, quando in fondo al rettilineo ha preso la via della sabbia. Simoncelli aveva l'obbligo di vincere, ma non di cadere perchè pressato da Barbera, il quale l'anno prossimo andrà a fare la comparsa nella MotoGp. L'unico degno di nota è stato Simon che ha cercato la vittoria nell'ultima gara, stampando ancora meglio quel numero uno sulla carena, senza troppi calcoli, vincendo sull'eterno secondo Smith from Oxford e davanti ad un debuttante tedesco, certo Schrotter, che con una Honda vecchia di tre anni, ha messo in riga tutti arrivando quinto.

Per l'anno prossimo l'unica novità è rappresentata dal debutto della Moto2 al posto della 250 con una griglia di partenza di 37 piloti contro i 18 della MotoGp, tra debutti e defezioni varie, nella speranza di trovare uno o due piloti ad unirsi ai soliti ignoti, per rendere le gare un pò meno noiose.

giovedì 5 novembre 2009

Il Dio delle regole


Bisogna riconoscere che ultimamente si vive in un clima di grande incertezza, sotto tutti gli aspetti, dalla politica alla religione, sino ad arrivare alla sfera personale. Se si dovesse fare un sunto di tutto, possiamo dire che gli ideali sono morti, e le persone che prima ne perseguivano uno, oggi sono come un gregge senza guida. La politica ne è un esempio lampante dove comunisti, democristiani, missini, socialisti, radicali, si sono riciclati nelle forme più strane pur di stare aggrappati allo scranno del Palazzo. Ma anche la religione ha subìto questa tendenza. Una volta la chiesa rappresentava qualcosa di rigoroso e morale, dove la bestemmia o il comportamento blasfemo, venivano bollati con il classico "schiaffo" del prete, che ammoniva il fedele, o nel più classico dei casi, il ragazzo, a comportamenti più consoni al credo cattolico. "Masturbarsi è un atto impuro!" e in più fa male alle ginocchia!, tuonavano dai pulpiti. Ora, sarà che le ho rotte tutte e due, però certe frasi ancora fanno parte della mia tradizione culturale e, in un certo senso, anche educative.

Eppure oggi in chiesa ci vanno i comunisti bestemmiatori, una volta banditi dagli abiti talari, Camillo e Don Peppone docet, ma oggi, nuovi fedeli di questa moda che non corrisponde esattamente ai dogmi imposti dalla chiesa. Ma la legge dell'uomo si è spinta oltre. Il crocefisso è oggetto di turbativa religiosa, a fronte di chi non crede al cristianesimo. Ma anche Don Santoro (sarà il cognome che turba? Mah!) ci ha messo del suo sposando davanti a Dio due uomini, pratica bandita anche dalla Bibbia e dal mio amico Dante. Le leggi sono leggi, e gli ideali sono gli ideali. Non puoi per comodo tuo fare ciò che è bandito dalla tua religione o fede politica. Non puoi confessarti la domenica e sedere insieme a chi pratica l'amore saffico, cara Bindi o Binetti. Ma anche tu Peppone non puoi andare in chiesa e poi bestemmiare quello stesso Dio nelle case del popolo. Non puoi dichiarare guerra alla pedofilia e andare spesso a Cuba o in Thailandia. Oppure te politico che proponi nei tuoi proclami una lotta alla droga e poi ti rifiuti il test in parlamento. Oppure te, Marrazzuccio mio. Che male c'è dichiarare una propensione per i transessuali? Che male c'è dire mi piacciono gli uomini? Non è mica una malattia, ne un aggravante, sono solo gusti personali che non intaccheranno mai la tua professionalità nel far le cose. Gli stilisti sono quasi tutti gay, eppure non finiscono banditi sui giornali. Il direttore del quotidiano della chiesa è gay? Poco male, basta sapere che posizione assume la chiesa di fronte a questa pratica sessuale (e non parlo di quella a 90°). Quello che a me da veramente fastidio è l'ipocrisia delle persone, in primis quelli che si mostrano con una faccia in pubblico e poi in privato fanno l'opposto. Il crocifisso nelle scuole non è un simbolo della chiesa. E' un simbolo delle nostre tradizioni, di chi siamo stati, e di chi siamo oggi. La mezza luna o la croce di David sono simboli di altri paesi. E' un pò come le targhe delle auto. Allora su questo concetto accanto alle nostre bellissime cattedrali dovremmo mettere una torre con un muezzin che ci fracassa la nostra granitica resistenza testicolare, con berci e quant'altro. Da noi suonano le campane, perchè hanno sempre suonato, e coincidono con la domenica o con una ricorrenza festiva che fa parte delle nostre tradizioni. Caro italiano politico, religioso o persona qualunque, hai veramente perso il senso di cosa realmente è la patria dove vivi e il suolo che calpesti. Nella dichiarazione del ministro australiano c'è tutto il riassunto di quello che NOI italiani dovremmo essere, non di quello che ci vogliono e vogliamo diventare. Noi siamo tolleranti solo sulla carta, ma guai a oltrepassare quella linea o a fregare quel posto della sosta dell'auto. In italia (minuscola voluta) siamo tutti finocchi col sedere degli altri, ed è questo che è sbagliato. Per tutto il resto non c'è Mastercard, e prima o poi ne pagheremo le conseguenze, e peggio ci rimarrà a chi credeva di vivere in un mondo di frutta candita, fratellanza, tolleranza... Amen

martedì 3 novembre 2009

In silenzio sugli attenti!!!


Entra nel porto dell'Hudson River, la U.S.S New York, la nave da guerra americana costruita simbolicamente con i resti dell'acciaio ricavato dalla macerie del World Trade Centre, e che oggi fa parte dell'imbarcazione che può trasportare 720 uomini oltre a elicotteri e altri mezzi aerei. Nello scudetto della nave sono raffigurati le Twin Towers e i colori dei dipartimenti di polizia e vigili del fuoco che per primi risposero alle chiamate di soccorso. Dopo il varo sarà impiegata per il dispiegamento rapido di marines. E' arrivata in città dove sarà inaugurata sabato prossimo.
Sotto il ponte di Verrazzano A salutare il varo della nave c’erano anche membri del corpo di polizia di New York e dei vigili del fuoco. La U.S.S. New York è passata sotto il ponte di Verrazzano solcando le acque del porto della città dove è stata accolta da una flotta di imbarcazioni della guardia costiera e dello Stato di New York, gli stessi che accorsero a sud di Manhattan l’11 settembre del 2001.

Tutti in piedi sugli attenti quindi, cattocomunisti e pacifisti, buonisti e tolleranti. Tutti in piedi a salutare l'orgoglio di un popolo che ha costruito con le macerie della sconfitta, uno strumento per la pace, a dispetto di tutto e di tutti. Tutti in piedi politici italiani, presi con le vostre italiche bischerate, mettetevi sugli attenti, con la schiena dritta, guardate fendere il mare dalla prua di un acciaio che 8 anni fa veniva fatto crollare, e che ora si mostra di nuovo al mondo.

In piedi ipocriti pantofolari fancazzari, anche in America ci sono i trans, gay, veline, e si narra di una forte omosessualità latente anche nell'esercito. Eppure sono sempre in prima linea, a testa alta, tutti, quando si parla della difesa del loro territorio.
Good Luck U.S.S. New York!!!!!!