mercoledì 10 settembre 2008

Manuel Poggiali, Peter Pan e l'isola che non c'è (o forse si)


Ecco un altro dei titoli che in realtà non sembra centrare niente. O forse si. In effetti sono stato stimolato un pò dalla storia di Manuel Poggiali e dai commenti di "Grazie D chiunque tu sia" più sotto.
Manuel Poggiali era un pilota professionista e lascia la scena delle corse a soli 25 anni. Voi direte che centra? Pensare ad un ragazzo di 25 anni, pilota professionista, due volte campione del mondo, che abbandona una professione tra il ludico e l'inconscenza, lascia un pò perplessi. Ma di tutto ciò, quello che più mi fa riflettere è la motivazione di questa decisione. Manuel ha deciso che quella scintilla che permette ai piloti di fare quello che fanno, si è spenta, e che adesso è giunta l'ora di dedicarsi al figlio che arriva, ad essere più responsabile anche verso se stesso. Personalmente l'ho considerato un grande gesto da parte di un ragazzo di 25 anni. Un ragazzo al quale non manca niente, perchè comunque lo sport gli ha dato tanto, ha girato il mondo, ha sicuramente vissuto più di tante persone più "vecchie", ha visto cose che noi normali... Eppure si è accorto di essere grande... o forse di crescere...
Io che ho quasi 20 anni più di lui devo ancora farmela questa domanda. Perchè non cresco? E' necessariamente obbligatorio crescere per essere uomini? Negli ultimi 20 anni credo di aver fatto abbastanza follie e spericolatezze, ho sempre cercato di capire cosa fosse il rischio, ma non rischiando, ma cercando di starci vicino e rendergli rispetto. La nascita del primo figlio mi ha un pò dato alle gambe e improvvisamente mi sono ritrovato adulto. Un essere umano nato da una mia cellula (all'inizio erano miliardi, poi ne arriva solo uno...:-) che ha nel sangue parte di me... Poi la seconda, una bambina... Sarà che è donna, sarà che sono passati tre anni, ma se il primo mi aveva lasciato le stampelle, lei mi ha messo definitivamente in ginocchio. Ed il ragazzo che è in me si è adormentato, assopito, e sgomitando, si è forse affacciato l'uomo. Ma non posso esserlo, sono ancora un ragazzo!! Mi piacciono i parchi di divertimento, le moto da corsa, amo tutto ciò che mi diverte, amo la vita! Non posso essere uomo! Loro sono cattivi, prendono tutto sul serio, fanno i conti a fine mese, hanno già i capelli bianchi... Ma se un ragazzo di 25 anni diventa grande, io a (quasi) 43 cosa sono? Cosa devo fare? Devo smettere? Ma se smetto non sono più io, e dopo chi sarò? Lunedi sono rimontato in moto e come sempre il Mugello era fantastico, come anche la velocità, il brivido... Sul cruscotto riflesso c'era il mio casco con la mia testa dentro, ma anche quella dei miei due figli... Credo che se ognuno di noi affronta la vita in maniera seria e responsabile, sia in grado di fare tutto, anche le cose che possono sembrare strane e pericolose, perchè il destino ha già scritto per ognuno di noi la nostra storia. Ed allora posso continuare ad essere un eterno ragazzo? 

6 commenti:

  1. Bell'argomento...ecco il dilemma che attanaglia l'essere umano moderno...crescere o non crescere? continuare a sognare le proprie passioni oppure rassegnarsi alla crudele e triste realtà di tutti i giorni, quella in cui dobbiamo fare i conti con le bollette da pagare, lo stipendio che non basta mai, i prezzi che aumentano ora dopo ora, etc etc.?
    Dovessi paragonarmi ai miei genitori, sicuramente mi sentirei dire che arriva un momento nella vita in cui non si può restare bambini...ci sono responsabilità e scelte da fare che non concedono spazi al divertimento e alla gioia di vivere...
    Eppure la mia opinione è sempre stata diversa...è vero, si cresce di età (anagrafica intendo), si finiscono gli studi e con quel passaggio si entra nell'età adulta, dove ci saranno obiettivi professionali da dover raggiungere, sentimenti più o meno realizzati, la ricerca della famiglia "perfetta" (come quella formata dai nostri genitori, ve lo immaginate 25 anni di matrimonio sempre con la stessa persona? ...)
    Eppure nonostante tutte queste responsabilità, credo che ci sia ancora spazio per la fantasia, per i sogni, per il divertimento...
    Hai la fortuna di avere 2 bimbi...non è necessario smettere di giocare per essere responsabile nei loro confronti...in fondo cosa c'è di meglio di un genitore che "cresce" insieme ai suoi figli?
    :-)
    D.

    RispondiElimina
  2. Essere uomo non significa non divertirsi più, non correre su una pista, non gridare sulle montagne russe, non giocare divertendosi coi propri figli, non buttarsi più da un'aereo per sentire quel brivido che sa di libertà, sa di rischio, sa di vita che ti fa battere il cuore in maniera diversa...essere uomo non è smettere di vivere con l'entusiasmo di un bambino, non è smettere di vivere...è vivere semplicemente con più razionalità, con più responsabilità, con un cervello più adulto considerata l'età e le esperienze vissute in funzione anche dei figli che da te devono imparare, che a te si rivolgeranno sempre, che per loro rappresenterai sempre un esempio da seguire almeno fino a che non saranno un pò più grandi.... ma soprattutto essere uomo significa non solo avere ma anche usare quei due grandi attributi che spesso son lì perchè ve li hanno messi, a farvi caldo e basta! A.

    RispondiElimina
  3. Rimango perplesso di A,
    se vogliamo metterla sullo scentifico alle donne glia attributi sono rimasti dentro, e al posto del sacco scrotale hanno la vagina. Quindi se tanto mi da tanto, noi le palle le abbiamo e a voi sono rimaste dentro. Poi sono d'accordo che, l'uomo per antonomasia (quanto mi piace questa parola!) debba avere più "palle" di una donna. Ma qui il sesso non centra. L'uso del carattere, e della fermezza a volte non coincide con le scelte fatte in quel momento, relegando un semplice sbaglio al "non avere palle". Non sò se mi piacerebbe essere di esempio ai miei figli. Cosa è l'esempio? Chi da l'esempio? Certo vederlo fatto su una panchina, o nel mezzo a un branco di tifosi a spaccare tutto ad una stazione, non è un esempio... Ma è necessario seguire un esempio o è meglio lasciare che manifestiamo noi stessi?

    RispondiElimina
  4. Cascato letteralmente nella trappola della provocazione!
    Non c'è uomo che non si inalberi al solo pronunciare la fatidica frase "Sei un uomo senza palle"! Ma se avete questa reazione, cosa ci sarà sotto di verità che brucia?
    Ognuno di voi avrà la sua risposta!
    Per quanto riguarda l'esempio di vita...il discorso è un pò più complesso. Non si tratta di dover seguire un esempio o di dover essere un esempio per i figli. Ognuno deve essere libero di essere se stesso nelle sue scelte, nel suo manifestarsi etc. ma è naturale che il figlio cresca in casa quotidianamente coi genitori che impartiscono volenti o meno delle lezioni di vita a un essere in divenire che deve capire, deve sapere e quindi chiede, si informa, ma soprattutto carpisce con occhi e orecchie e mette in saccoccia.Quando avrà le capacità di elaborare tutti i dati in suo possesso farà da sè e sarà semplicemente se stesso ma tu genitore gli hai fornito molti dati anche se non vuoi essergli di esempio e lui non vorrà seguire il tuo esempio un domani.I figli sono le frecce del tuo arco, il primo e consistente tragitto che esse fanno dipende dalla mano di chi ha tenuto l'arco e ha scoccato la freccia come riteneva Khail Gibran.

    RispondiElimina
  5. Io penso che ognuno di noi debba essere prima di tutto consapevole del tipo di "input" che diamo ai propri figli. Ed è vero quel che anonimo dice, ognuno di noi ha ricevuto in dono dai propri genitori i valori della vita, elaborati prima da loro, successivamente da noi, però secondo il tempo in cui si vive...Perchè un giovane genitore non nasce "imparato"...e quando ci si trova di fronte ad un piccolo uomo o a una piccola donna, molto spesso ci si chiede e adesso che faccio? sarò in grado di dargli l'esempio giusto?
    Il dilemma è proprio questo, il fatto magari di non sentirsi pronti al 100% a trasferire ciò che noi abbiamo fatto nostro dagli insegnamenti dei nostri genitori e mostrarci agli occhi dei nostri figli come "tutori" di vita....per questo, la mia opinione è che un genitori "impari" insieme al proprio figlio...un pò alla volta. ..Attraverso i loro occhi molto spesso si coglie il vero senso della vita...
    D.

    RispondiElimina
  6. Caro anonimo/a, non mi sono inalberato, è che questa storia delle palle.... ha un pò rotto le palle!!! Se parlavi di spina dorsale era meglio... Comunque, il paragone con Gibran forse è il più calzante, perchè comunque noi siamo archi e indirizziamo le frecce dove vogliamo. Lo zen dell'arco va anche oltre, dicendo che anche quando la freccia è partita bisogna che il braccio e l'arco rimangano puntati verso il bersaglio fino a che non viene colpito. E' un pò come il paragone con l'acquilone. E' altresi vero che ci sono dei figli che nascono "storti" e raddrizzarli è veramente un problema. Vorrei reputarmi un buon padre, ma di tutte le sfide, questa è veramente la più tosta. A volte mi incanto a guardarli, ed anche se so che dietro un azzardo c'è del pericolo, voglio che lo assaggino, perchè non sempre potrò essere li con loro. Per il resto spero che da lassù mi guidino sempre in scelte giuste, dopodiche sarà la vita ad indicarmi e indicargli la via...

    RispondiElimina