martedì 8 settembre 2009

Asini che volano.


Lo so il titolo è abusatissimo l'indomani della gara di Misano, però non me ne veniva un altro. Come già abbondantemente sottolineato dallo scrivente, Valentino Rossi si appresta a sigillare il suo nono titolo in carriera proiettandolo nell'olimpo dei più grandi di sempre se non il più grande. Nel Gran Premio di San Marino il dottore, per l'occasione autoribattezzatosi Asino, ha fatto quello che sa fare meglio e lo ha fatto bene, senza sbavature, in un momento di forma strepitosa. Se mai ce ne fosse bisogno ha sottolineato anche la classe del giovane spagnolo, caparbio e coriaceo ma non abbastanza per prendere Ciuchino che inanellava giri veloci a iosa. Tanto di cappello a questo pilota al quale consiglierei di provare a cambiare marca ogni due anni e di provare a vincere con tutte le moto. Terzo il solito Pedrosa a corrente alternata senza infamia e senza lode. Per il resto gara noiosa come sempre con un De Angelis che ha sottolineato come i soldi non possono fare un buon pilota, tirando giù 4 piloti alla prima curva, praticamente decimando la gara. Alla fine polemica in studio tra Bobbiese, Suppo, Lucchinelli, Cereghini, Melandri sulla frase "fanno un altro mestiere": in effetti è forse troppo spocchiosa e presuntuosa, ma mi devono spiegare come catalogare quei 4, in attesa del ritorno di Stoner, sistematicamente danno mezzo giro di pista a tutti. Il buon Melandri al quale va tutta la mia stima per l'ottimo lavoro con la Kawasaki l'anno prossimo dovrà dimostrare il contrario, altrimenti verba volant... Pollo Simoncelli in 250 a cadere a bischero a neanche metà gara con i suoi avversari che "rampavano" da dietro, quando anche un piazzamento non avrebbe compromesso quasi definitivamente la corsa verso il titolo. Uno zero in condotta ad Andrea Iannone per aver reagito male e parlato peggio nei confronti di un Espargarò che ha tirato in terra all'ultima curva. Come ha detto Capirossi nelle corse ci sta tutto, ma ci sta anche chiedere scusa ed evitare dichiarazioni inutili quando si è dalla parte del torto, in occasione anche dell'omaggio che la Dorna ha fatto per la sua terra: l'Abruzzo.

Nella terra tedesca invece, nel mondiale a due ruote quello più bello ed avvincente, abbiamo assistito al sorpasso di Spies nei confronti di Haga nel mondiale in due manches belle e tirate, dove la prima ha visto il duello tra i due con l'americano vincitore, e nella seconda l'errore provocato di Haga che ha resistito ad un arrembante Rea, che lo ha fatto cadere alla prima curva per fortuna senza danni fisici. Ad Haga va data prova di grande sportività in quanto ha giudicato l'episodio un normale incidente di gara. Certo è che Ben Spies è veramente un signor pilota, completo, freddo e veloce, e fa bene a rimanere in Superbike. Bravo ancora una volta Max Biaggi con un quinto e un quarto posto lottati e sudati, che ci fanno vedere ancora una volta che nel polso destro c'è sempre classe e grinta da vendere.

Il commento Cervelli in fuga? Peggio quelli inutili che restano


Fuga di cervelli? Lodevole è il tentativo di riportarli nella madre patria. Ma se saranno le università a decidere chi deve rientrare in Italia, è meglio che i cervelli fuggiti restino dove sono per il bene della ricerca scientifica.
Il vero problema non è oggi il ricercatore in fuga, ma il ricercatore che resta. Le analisi e le statistiche sulla qualità dei ricercatori universitari italiani appaiono desolanti, ma la responsabilità del disastro è di chi era ed è chiamato a decidere chi può diventare ricercatore, cioè i professori dell’università. Loro sono le colpe che dividono con il massimo livello di gestione dell’università: senato accademico e rettori in testa.
Cosa accade in un concorso per ricercatori? Vi spiego quello che chiunque insegna come professore ordinario dell’università sa perfettamente, e sa perfettamente di essere complice di una truffa.
Dunque, supponiamo che arrivino all’ateneo i tanto agognati finanziamenti per reclutare venti ricercatori da inquadrare tra il personale di ruolo dell’università. Il senato accademico stabilisce, secondo propri criteri, che, di questi venti posti, cinque vengano assegnati alla Facoltà di Lettere e filosofia, la quale, a sua volta, decide che uno vada al Dipartimento di filosofia.
Fin qua, niente di male: si potrà discutere perché cinque e non tre e non sette di quei posti siano assegnati alla Facoltà di Lettere e Filosofia e perché proprio uno al Dipartimento di filosofia, ma con un po’ di buona volontà si possono anche trovare le ragioni della suddivisone. Il bello incomincia adesso.
Una persona normale penserà che a questo punto si indice il concorso, e vincerà il migliore. Neanche per sogno: incominciano invece le riunioni nel Dipartimento di Filosofia per stabilire in quale specifico raggruppamento concorsuale dovrà andare quel posto. Sarà per quello di Storia della filosofia, di Morale, di Filosofia della scienza, di Estetica? I docenti titolari di queste e delle altre discipline incominciano a discutere, a litigare: «L’altra volta il posto lo hai avuto tu, ora tocca a me. Ma tu non hai candidati. I miei sono bravissimi, non dire sciocchezze...» e avanti così, e peggio di così, finché, per esempio, il professore di morale la spunta, essendo riuscito a costruirsi attraverso una serie di compromessi una maggioranza all’interno del Dipartimento: maggioranza che ovviamente si spartirà i prossimi posti di ricercatore. Ma il peggio arriva adesso.
Il concorso è nazionale, ma tutte le precedenti discussioni fanno immediatamente capire che c’è un candidato nel cuore del docente di Morale. È bravo? È un suo amico? È qualcuno sentimentalmente vicino? Mah! Decide il prof. di Morale: fatti suoi, perché i prossimi sono fatti miei, cioè deciderò io chi far diventare ricercatore, per esempio, di Filosofia della scienza. Insomma, deve vincere, alla faccia del confronto con tutti gli altri candidati nazionali che si presenteranno.
Come si procede, allora, per blindare il pupillo del professore di Morale? Il pupillo ha solo tre pubblicazioni? Eh, sì, è un po’ deboluccio, ma non c’è problema. Il bando di concorso, che verrà firmato dal rettore, prevede che i concorrenti debbano presentare un numero massimo di tre pubblicazioni. Il pupillo, però, è ancora a rischio: essendo modesto, un altro concorrente lo potrebbe superare con tre suoi ottimi saggi. Cosa si inventa, adesso, quest’università autoreferenziale e truffaldina? Indica sul bando di concorso che, per lo sviluppo della ricerca scientifica del Dipartimento di filosofia c’è la necessità di reclutare uno studioso di filosofia morale specificamente esperto del periodo che va dal 1630 al 1650 in Olanda: esattamente gli argomenti delle tre pubblicazioni dell’amato pupillo. La truffa è consumata.
Qualunque studioso eccellente di filosofia morale viene emarginato. E se non bastassero quelle clausole concorsuali, sottoscritte, lo ripeto, dal rettore, in sede di valutazione degli aspiranti ricercatori si potranno taroccare le carte, perché il padrino del pupillo entra di diritto nella commissione giudicatrice. Ma questa, spesso, diventa materia per i tribunali.
Ora vorrei sapere perché si debba dare del denaro pubblico per finanziare questo scandalo. Il problema dell’università non sono i tagli alla ricerca, sono i professori, le modalità in cui essi vengono reclutati e i modi in cui essi stessi perpetreranno il reclutamento fasullo. Sono loro che dovrebbero fare un passo indietro, e il ministro Gelmini dovrebbe avere il coraggio di varare nuove norme per concorsi accademici seri. Poi si potranno richiamare i cervelli fuggiti, perché altrimenti cosa tornano a fare in quest’università?

mercoledì 2 settembre 2009

Preti, cardinali, gay, giornali, giornalai, direttori....

Faccio subito una premessa, prima che mi si adduca appellativi non veri: non sono omofobico, ne tantomeno bacia pile, ne tanto meno moralista... Anzi... Però due parole le voglio spendere in riflessione alla questione Boffo-Feltri. Dunque da dove partire? Inizierei con le moralizzazioni del giornale Avvenire, del quale Boffo è direttore, sulle frequentazioni "sessuali" del Presidente del Consiglio, a dir loro, oscene e prive di moralità. Personalmente non ce lo vedo un uomo di 74 anni avere una potenza sessuale così intensa... Se l'avesse buon per lui, e comunque sotto le lenzuola ognuno fa quello che gli pare. Ovviamente le indiscrezioni non si basano su prove VERE, ma su dichiarazioni di escort, hostess, veline, che avrebbero ambito parecchio ad essere "possedute" dallo stallone di Arcore. Che poi l'opinione pubblica si indigni o meno, questo è affar suo, ricordando però sempre l'antico adagio: guardati sempre prima in casa tua. Evidentemente non è così per il direttore dell'Avvenire il quale, appoggiato in toto dal clero, che vive un vita casta e pura, ha pensato bene di usare l'ariete per sfondare il muro di non morale appartenuta a Berlusconi. Ma la vendetta si sà è un piatto che va consumato freddo, e per dirla alla Confucio, prima o poi il cadavere del nemico passerà galleggiando davanti a te. Così infatti è stato, e il moralizzatore Boffo si scopre molestatore di donna, ma non allo scopo etero, ma per mirar a minare il rapporto con il suo marito che poi era anche l'amante del direttore. Tutto questo ovviamente certificato da una sentenza del 2002 che lo stesso direttore ha patteggiato. Questi in analisi un pò i fatti stenografati, ma abbondantemente descritti da Vittorio Feltri sul "il Giornale". Ma cosa ne è scaturito da tutto questo putiferio? In primis non c'è stata condanna formale da parte del clero, tutto, agli atteggiamenti di Boffo, i quali vengono condannati dalla stessa religione, relegando l'omosessualità ad un peccato vero e proprio, con tanto di scomunica etc etc... E qui casca l'asino. Se la chiesa non condanna l'omosessualita del direttore del suo giornale, vuol dire che c'è redenzione per i gay e comprensione per i prelati presunti tali? A catechismo avremo una redenzione di Sodoma e Gomorra? Oppure dal pulpito domenicale si predica bene e si razzola male? E tutto questo non centra niente con l'essere gay, centra che la chiesa deve fare la chiesa, non la politica. La chiesa dovrebbe preservare quel patrimonio culturale che ha generato nei secoli opere magnifiche, ispirato i grandi artisti, che hanno affrescato, costruito opere bellissime invidiate in tutto il mondo. E invece no. Perfino la sinistra, quella dei laici e bestemmiatori si è schierata con la chiesa pur di cavalcare l'onda antiberlusconiana, facendo nascere un ideologia ibrida, che non è ne carne e ne pesce, ma solo un accozzaglia di elementi che al posto dell'amen ci infilano una bestemmia, oppure alla fine di un comizio ti prendi un sano "andate in pace"... Io sono cresciuto, e me ne vanto, nelle scuole gestite dalle suore, dove la mattina si recitava il Padre Nostro, e dove gli episodi "strani" venivano subito segnalati e corretti. Da grande non sono diventato un frequentatore della messa domenicale, ne ho volutamente battezzato ancora i miei figli. Il mio rapporto con Nostro Signore non passa attraverso il prete, ma viene vissuto con l'essere cristiano, senza troppi fronzoli o penitenze varie. Ma lo rimpiango il prete che durante la settimana ti tirava una pacca in testa se la sera prima avevi fatto pensieri o atti impuri. Si continuava lo stesso, però c'era un pò più di rigore morale. Se oggi nella chiesa si "tollera" un direttore del giornale clericale omosessuale, dovete riscrivere le regole signori miei, dovete dire da che parte state, dovete "legalizzare" questi atteggiamenti, li dovete spiegare ai bambini ai quali insegnate cose opposte. Essere gay ci mette ancora sulla barca di "caron dimonio dagli occhi di bragia"? Oppure, com'è giusto che sia, la diversità fa parte di una conclamazione della società moderna? So per certo che continuerete nei vostri atteggiamenti superficiali, senza prendere posizione alcuna, in fondo chi non ha peccato scagli la prima pietra, e tre Ave Marie e due Pater Noster lavano tutto.