domenica 27 giugno 2010

Meno male che Max c'è!

Come volevasi dimostrare il tricolore sventola grazie ai nostri centauri italiani, in particolar modo con Iannone sabato e il veterano Biaggi domenica. Ancora una volta, senza nulla togliere al bravo e giovane pilota abruzzese, Max Biaggi ha messo il sigillo a due gare condotte da corsaro, quello stesso pilota che negli anni 90 ha vinto 4 titoli mondiali, e che oggi, a 39 anni, si permette di mettere dietro una compagine ben più giovane di lui, Checa e Corser a parte. Non mi voglio soffermare sulla supremazia dimostrata dal pilota romano, ma vorrei porre l'accento sulle tante voci che si sentono in giro in questi giorni, se Rossi va alla Ducati, un pilota italiano su una moto italiana, perchè questo ce l'abbiamo già. Biaggi è romano, l'Aprilia è veneta, il main sponsor è Alitalia quindi che volere di più? Esaltiamo quello che abbiamo già, evitando voli pindarici su quello che potrà essere. Max Biaggi non costa quanto Rossi, ne corre un campionato minore, anzi... La Superbike è altamente più massacrante di una scarna MotoGp, dove non si arriva ai 16 partenti, eppure tutti si aspetta un vagito di un pilota che ha fatto tanto per il motociclismo e che da il motociclismo ha preso tanto. Adesso bisogna elogiare chi da due anni vince con prodotti nostrali, con gente nostrale, ed è in lizza per portare a casa un bellissimo campionato del mondo e comunque vada, una grande prestazione degna di esaltarsi, tutti in piedi sul divano parafrasando un commentatore televisivo. Anche le recenti vicissitudini di Alitalia dovrebbero farci sentire un po' più orgogliosi nel vedere quel marchio svettare di nuovo in alto. Questo Max lo sa bene e puntualmente ringrazia sempre il presidente Colaninno. La Ducati signori miei è al 51% americana quindi non proprio un brand puramente italiano, come non lo sarà lo sponsor Marlboro che dovrà sborsare diversi milioni d'euro per portare sulla rossa il Dott.Rossi. Oggi Biaggi, Aprilia e Alitalia rappresentano veramente un tricolore non solo nei colori ma anche nell'orgoglio di stare sempre sul podio e, ultimamente sul gradino più alto.

Giù il cappello quindi davanti a loro, mano sul cuore e grazie ragazzi per tutto questo, grazie per l'anima che ci date, per l'entusiasmo e per la grinta. Gli altri se arriveranno, lo faranno dopo di voi!

sabato 26 giugno 2010

L'Italia s'è desta


Bossi nelle sue esternazioni esagera sempre. Eppure come non leggere nelle sue folli elucubrazioni un fondo di verità. La Padania tanto sognata e tanto agognata dal senatur può andare bene per un concorso di bellezza, ma non per creare una nazionale di calcio. La nazionale rappresenta una nazione e come gli Stati Uniti ci insegnano, anche se frammentati in 56 stati, la squadra di calcio che li rappresenta è solo una, come una è la bandiera dei loro atleti. Il Bossi però ha ragione quando non si sente rappresentato dai nostri “atleti”. La figuraccia rimediata ai mondiali è solo la punta dell'iceberg del brutto momento che il nostro sport sta passando e tutti, a tutti i livelli, ne sono colpevoli. Prendiamo l'Inter, il cui vero nome è Internazionale: mai aggettivo fu più azzeccato per indicare una squadra dove militano atleti di tutto il mondo e solo due o tre italiani. Ma anche altri club si avvalgono di questa sorta di internazionalità, molto meno marcata, però sempre alla caccia del nome straniero. Il “clientelismo” e gli interessi stanno minando le basi del nostro sport in tutte le discipline e moltissimi ragazzi vengono tenuti in disparte a favore di altri più “ammanicati” o convenienti. Guardiamo le corse in moto, terreno a me caro e conosciuto. Nella 125 il migliore italiano è relegato alla 14\15 posizione, quando in un passato non molto lontano eravamo i protagonisti assoluti. Oggi se un giovane si vuole avvicinare alle due ruote deve portare con se prima una buona dote di danaro, poi la capacità di saper guidare. Volete degli esempi? Rolfo, Canepa, De Angelis (per fortuna sanmarinese) buoni piloti ma molto più scarsi di tanti altri che militano in campionati minori. Oggi per fare un trofeo Yamaha R1 occorrono minimo 40.000 euro e non è detto di arrivare nelle prime posizioni, perchè i piloti “ufficiali” dispongono di materiale migliore, che a parità di moto “di serie”, fa tanta differenza (vedi la squalifica di Zerbo nella Hornet Cup) impedendo ai giovani di emergere. Negli sci se non sei del nord non arrivi sui campi gara, eppure un certo Tomba Alberto di Bologna ha dimostrato il contrario. Nel tennis i ricordi sono fermi a Panatta, Schiavone a parte... Nel nuoto Rosolino ha preferito l'Australia per allenarsi, anche se poi ha nuotato per il tricolore. Oggi lo sport è una sorta di vetrina per potersi poi sganzare con le veline, letterine, zoccoline, per poi essere con la lingua di fuori dopo 15 minuti di partita. I ragazzini sognano questo, sognano il tutto e subito lasciando gli sport di sacrificio, ciclismo in primis, ad altri, perchè comunque non utili per essere sempre in primo piano e sulle pagine dei giornali. E paraddossalmente nello sport che è sulla bocca di tutti, il calcio, non siamo in grado di creare un vivaio in grado di rinfoltire le fila di una nazionale che dovrebbe rappresentare tutta l'Italia e che forse la rappresenta proprio per quello che è... Un paese di guelfi e ghibellini dove tutto vale il contrario di tutto, dove io sono meglio di te a prescindere da quello che faccio, dove pur di non dare soddisfazione all'avversario preferisco affondare la barca. “Siam pronti alla morte” recitano le brutte parole di un inno stantio e privo di senso, ma la morte di che? Non certo del conto in banca, perchè quello è sempre superforaggiato dai club compiacenti. E allora largo ai giovani che hanno fame e sete di vittoria, purchè non si scontrino con i figli degli allenatori in discoteca (Lippi junior docet)... Il mea culpa di Lippi e sopratutto le parole di Abete me le metto sul gozzo, come le parole patetiche di Buffon... Tutti sono colpevoli e parafrasando le parole di Gattuso i “vecchi” lo sono ancora di più...
Povera italia sportiva (e non solo) in continuo declino sopratutto identitario poco desto, senza l'elmo di Scipio se non il casco di Biaggi o Rossi, e la vittoria sempre più lontana e l'unica chioma rimasta è quella di Simoncelli per fortuna non schiavo di Roma...

lunedì 7 giugno 2010

Il re è morto, viva il re!


Chi va in moto sa di dover mettere in conto la caduta, anche per gli utenti giornalieri, nessuno è immune da questa rottura dell'equilibrio che magicamente ci tiene in piedi. Per i piloti la caduta è come un bicchiere rotto per il barrista, una scheggia nel dito del falegname, una cosa quasi naturale. Vi dirò, per esperienza diretta, che cadere in pista ha anche il suo fascino, perchè tante sono le protezioni che hai addosso, che diventa quasi una scivolata da luna park. Anzi di solito siamo più preoccupati per i danni alla moto che a noi stessi, tanto caro ci è costato il nostro oggetto dei desideri. Nel mondo professionistico invece la caduta rappresenta quella linea sottile tra il ritornare ai box e ripartire, oppure farsi male ed avere l'incognita di saltare la gara.
Nella sua lunga carriera Valentino Rossi è caduto numerose volte, ma mai senza conseguenze disastrose come quella che sabato, alla vigilia del gran premio di casa, che lo ha visto volare in aria a 160 km/h e sfortunatamente ricadere sulla tibia e perone fratturandoseli. L'immagine del campione ferito, come quelle di qualsiasi altro pilota fa, fa capire che il motociclismo è anche questo e Valentino non è un eccezione. Lo è nel peso mediatico dato alla vicenda, perchè in questi ultimi 15 anni di storia motociclistica, Rossi ha impersonato e rappresentato il motociclismo nel mondo, riportandolo a nuovi livelli di interesse e di questo bisogna essergli grati. Indipendentemente dall'essere tifosi o meno, la sua mancanza si è già fatta sentire, in una categoria che conta solo 16 piloti e che stupidi regolamenti la stanno portando al collasso totale. Valentino per gli avversari rappresenta la lepre o comunque un punto di riferimento, ed anche se il sottoscritto lo avrebbe visto volentieri giù dal gradino più alto del podio, una vittoria contro di lui ha un sapore diverso, perchè sicuramente sudata e battagliata fino alla fine. La mancanza di Valentino dalle corse è un duro colpo alla MotoGp e lo sanno bene gli organizzatori che adesso dovranno inventarsi qualcosa di nuovo, ma lo sanno anche tutte le case motociclistiche, e lo sa perfino il suo rivale diretto, quel Jorge Lorenzo, che ha ammesso che una vittoria senza Valentino non è più una bella vittoria. Le facce dei piloti all'arrivo erano molto più eloquenti che le parole, tranne che quella del buon Dovi mai abituato al box dei primi tre. Pedrosa al Mugello ha vinto in solitario ma non contro Valentino. Lorenzo si è accontentato perchè comunque doveva inseguire un rivale che va a corrente alternata. L'unico che poteva fare qualcosa era Stoner che in parte lo ha fatto ma non per lottare per la prima posizione. Per gli altri si è trattato di un copione già scritto, con il fantasma di Troy Bayliss che girava in 1.51,9 con una moto "derivata" dalle serie.
Il fastidio da qui in avanti saranno i bollettini medici e i presunti miracoli che il Dottore riuscirà a fare anche in veste di paziente e non di pilota. Si perchè mentre dai comunicati ufficiali si parla di 5 mesi di stop, relativi anche ad un normale decorso della gamba di una persona normale, per i piloti il discorso è un pò diverso. Chi vive in quella condizione e in quel mondo sa che non ci sono miracoli come vorranno farci credere, ma solo trattamenti speciali e una diversa forza di volontà. Dalle dichiarazioni non dette posso scommettere che Rossi tornerà a BRNO se non a Laguna Seca, ma non mi stupirò per questo ne griderò al miracolo.
Mi piacerebbe anche suggerire a tutti i giornalisti di non ricamare troppo sul percorso di guarigione, perchè tantissime altre persone nel mondo soffrono, e sicuramente in maniera anche peggiore. Mi piacerebbe dire a Guido Meda che la telefonata di Biaggi al suo cellulare andava trasmessa e non cassata per motivi di tempi televisivi. Le parole del campione romano avrebbero fatto bene allo sport, perchè com'è vero che sono state riportate le scaramucce di qualche anno fa, era giusto far sentire la solidarietà di un altro campione verso un avversario in pista, ma collega e amico nel dolore. Questo si chiama e si chiamerebbe giornalismo. Ma si sa il condizionale è sempre più d'obbligo al giorno d'oggi, come d'obbligo sarà riavere un campione o diversi campioni in una categoria che sta implodendo su se stessa.

giovedì 3 giugno 2010

Quando la fortuna è Checa


Un romano in America sarebbe stato un titolo più adatto, ma per le due vittorie di Max Biaggi sul circuito americano di Salt Lake City, un tantino va riconosciuto il merito della sfortuna di un altro grande protagonista Carlos Checa. Infatti lo spagnolo in entrambe le manches è stato tradito dalla sua Ducati del Team Althea per guasti elettrici, triste epilogo di un fine settimana sempre in testa. Questo ha permesso al corsaro di trovarsi li, in seconda posizione e di approfittarne rendendo l'onore delle armi allo sfortunato pilota iberico. Come dice giustamente Max se non ero secondo primo non arrivavo, e questo la dice lunga sull'ottimo stato di forma sia del pilota che dell'Aprilia, sempre più competitiva anche se guidata dalla sua seconda guida Camier. Una caduta nella seconda manches ha compromesso la posizione in vetta alla classifica di Haslam, sempre più maturo, sempre più veloce, capace di uccellare in una sola staccata due piloti nella prima manche arrivando secondo, per poi cadere con un highside nella seconda nel tentativo di recuperare una cattiva partenza. Non ha colpe il pilota britannico, se non quella di non aver saputo aspettare, Ma si sa, la foga dei campioni è anche questa, e a noi piacciono i piloti che non si risparmiano. Un pò di risparmio invece lo dovrebbe fare Johnny Rea caduto nella prima manches e un pò perso nella seconda. Un Haga terzo ha un pò risollevato le sorti della Ducati che ha definitivamente perduto Fabrizio e spera nel ritorno del carrozziere Bayliss per tentare di rimettere le ruote sul gradino più alto del podio. Mi farebbe molto piacere ritrovare l'immenso Troy sulla rossa (e bianca) ma in Ducati hanno un ottimo pilota nel team satellite, Checa, e non vedo per quale ragione non lo debbano supportare in toto affidandogli del materiale ufficiale... Mah!!! Certo quest'anno in Ducati hanno proprio manie suicide, basti vedere la fine che hanno fatto fare al povero Stoner, che al Mugello cercherà di staccare l'ultimo biglietto utile prima di perdere il treno definitivo.
Una dolente nota arriva dal cosiddetto vivaio motociclistico italiano. Domenica si è corsa anche la seconda prova del trofeo Honda Hornet a Misano, che vede il Lorenzo Segoni leader, avendo vinto il primo round a Franciacorta. Segoni si è imposto magistralmente anche nel secondo round ai danni del pilota e portacolori della casa nipponica Zerbo, il quale dopo una bella battaglia fino all'ultimo giro, Segoni l'ha infilato al Carro e poco ha potuto fare se non seguirlo fino al traguardo. Fin qui tutto regolare, se non che al rientro Zerbo firma subito un reclamo ai commissari per una presunta velocità di punta della Honda di Segoni troppo "elevata". Regolamento vuole che in fase di reclamo venga esaminata la moto fin'anche allo smontaggio della stessa per una verifica completa delle parti meccaniche. Nel mentre vengono fuori i dati della telemetria dove la Honda "ufficiale" di Zerbo ha fatto segnare i 219 km/h ai danni della moto di Segoni che veniva rilevata soltanto a 206 km/h. A quel punto gli stessi commissari, pressati anche dai meccanici del vincitore, hanno chiesto la verifica della moto di Zerbo che, guardacaso, risultava essere "maneggiata" nella testa, sedi valvole, colore marrone del carburante usato (benzina speciale) a differenza della moto del Segoni perfettamente in linea con le direttive del trofeo. Ad assistere il tutto Carlo Florenzano, responsabile Racing Honda Italia, il quale di solito, intervistato dopo i Gran Premi, è il primo fautore nel dire che in Italia mancano un pò gli incentivi per i giovani a formare un vivaio per contrastare l'arrembante armata spagnola. Esito della vicenda, chiara sotto gli occhi di tutti quindi anche dei commissari FMI, che altro non hanno fatto che accertare le irregolarità, è stato che Florenzano ha deciso di spedire il materiale alla Honda Italia per la verifica, quando in realtà tecnici e meccanici Honda erano, e sono presenti nel paddok a supporto proprio del trofeo. Fino ad oggi non sappiamo se a Zerbo verrà inflitta una squalifica o meno, certo è che se la cosa capitava ad un altro team, le cose sarebbero andate diversamente e i provvedimenti presi nell'immediatezza del fatto. Lorenzo Segoni non ha niente da chiedere è stato uno dei giovani promettenti 10 anni fa, ed oggi si diletta nelle gare e trofei, impersonando la lepre per chi si vuole affacciare alle corse. Ma sono proprio atteggiamenti poco chiari come quelli citati sopra che non hanno dato possibilità ai piloti più giovani di emergere, ai piloti più meritevoli, a quelli veramente più veloci. Oggi conta solo la dote in denaro che ti porti dietro, e i risultati si vedono, Canepa docet. I veri campioni non vincono perchè hanno i soldi, ma vincono perchè sono i più forti, e se in Italia non sappiamo valorizzare questo, allora bisognerà sperare nella longevità di Biaggi o di Rossi, perchè all'orizzonte non si vede più nessuno, o se si vede qualcuno non batte certo bandiera italiana...