lunedì 26 novembre 2007

Empatia e simpatia

Tratto da Wikipedia

Nell'uso comune, è l'attitudine ad essere completamente disponibile per un'altra persona, mettendo da parte le nostre preoccupazioni e i nostri pensieri personali, pronti ad offrire la nostra piena attenzione. Si tratta di offrire una relazione di qualità basata sull'ascolto non valutativo, dove ci concentriamo sulla comprensione dei sentimenti e bisogni fondamentali dell'altro.

Prendo spunto da un commento per trattare un argomento che, come parola singola (empatia) non dice un gran che, ma leggendone il significato, forse qualcuno si rispecchierà. Certamente l'anonimo commentatore del post precedente che ha fatto uso di tale parola, è un conoscitore della lingua italiana, ma subito dopo è stato "pizzicato" da un altro anonimo con l'appellativo di essere "un pò rigido" (leggeteveli perchè sono molto carini ndr). L'associazione della parola e dell'appellativo mi ha fatto riflettere, proprio perchè l'empatia è il contrario della rigidità, anzi bisogna tendere ad ascoltare gli altri più che noi stessi. Ma quante volte abbiamo creduto di essere "empatici" quando in realtà stavamo solo aspettando una buona occasione? Quello che stavamo facendo era in realtà essere simpatci... La simpatia nasce quando i sentimenti o le emozioni di una persona provocano simili sentimenti anche in un'altra, creando uno stato di "sentimento condiviso". E' un pò il sale dei rapporti personali del nostro tempo, tendiamo molto alla condivisione di attimi felici, attimi tristi (simpatia è anche questo) e sopratutto momenti di estremo godimento. Difficilmente però ci soffermiamo ad ascoltare gli altri senza metterci del nostro, senza commentare senza salire in cattedra. E allora nel goffo tentivo di essere ascoltati tendiamo ad ascoltare, senza in realtà capire molto, sperando di ricevere quello che abbiamo appena dato, ovvero una spalla su cui sfogarsi. Ma in questo modo le conversazioni diventano una sorta di "se tu dai una cosa a me...".
Come esperienza di vita posso dirvi che ho imparato molto ascoltando, osservando, facendo tesoro di quello che assimilo dall'esterno per poi confrontarlo con il mio io, stilando un profilo che non sempre può piacermi, ma che mi può suggerire se la direzione che ho intrapreso è quella giusta. Le stesse pagine di questo blog possono essere considerate "empatiche", cerco di partire dai miei pensieri, da un fatto a cui posso aver assistito il giorno prima, e le offro al lettore che per caso capita a leggerle, offrendogli un motivo di riflessione, un punto da cui partire per farsi delle domande, se mai ancora non se le fosse poste... I commenti stessi poi, conservando l'anonimato, aiutano a scrivere qualcosa senza bisogno di dire chi siamo, ma più semplicemente cosa proviamo. Non voglio dare risposte, voglio solo condividere le vostre "anonime" emozioni, perchè è così che ho imparato ad ascoltare. Le persone la fuori sono come un grande libro su cui leggere ed imparare. E' come andare in libreria, anche se cerchi un romanzo, o un libro di narrativa, ti soffermi comunque a leggere i titoli di altri libri, e magari incuriosito gli sfogli, e uscendo ti accorgi che non hai comprato un romanzo, ma un bel libro di storia o fantascenza, perchè solo dopo averlo aperto hai capito che ti poteva piacere... Leggiamole di più le persone che incrociamo nella vita, non soffermiamoci alla copertina, accettiamo quel che la vita ci offre in quel momento, magari è una strada corta, ma la dobbiamo passare per andare in un viale alberato... Lascio questo post con un frase non mia: se ci hanno fatto due orecchie e una sola bocca significa che bisogna più ascoltare che parlare, non credete?

lunedì 19 novembre 2007

Meglio soli o...

...mal accompagnati? Non so chi abbia detto la precedente frase, sicuramente qualcuno che, vistosi al perso, ha fatto qualcosa senza rimpiangere di essere solo. La solitudine al giorno d'oggi è meno marcata, meno visibile, ma vi garantisco che, in senso assoluto, pervade ancor'oggi la nostra società. Strumenti come le chat (non il gatto!), sms, mms, che vanno così alla grande, fanno emergere che il dialogo, nonostante i tempi di una grande comunicazione, sia ancora lo scoglio più duro da affrontare. "Ci siamo incontrati online", "ti ho agganciato con il bluetooth", "l'hai letto l'sms?", ormai sono i nuovi termini che hanno preso il posto della rosa, del piccione viaggiatore, del messaggero, che a cavallo portava la missiva del principe alla sua amata. Eppure c'è ancora qualcosa che mi sfugge... Non so se vi è capitato anche a voi, ma nei luoghi dove ci ritroviamo, ad esempio per un aperitivo, in un locale notturno, sembra che tutti parlino con tutti, ma nessuno veramente si capisce. Risate a crepapelle, baci e abbracci, facce felici, mai espressioni sobrie, gesti poco appariscenti, un bel baciamano... un pò come l'ultimo dell'anno: bisogna per forza divertirsi, e non succede quasi mai! Possiamo parlare della morte del dialogo? Non credo, i mezzi di comunicazione moderni dimostrano il contrario, c'è più una paura a rapportarsi con gli altri nei temi che più ci stanno a cuore, parliamo di macchine, orologi, dell'ultimo telefonino, del gossip, e i programmi all Maria de Filippi fanno emergere questo: bella gioventù vuota come una zucca di Halloween.
Perchè comunicare al di fuori delle effimeratezze è così difficile? Forse perchè abbiamo paura di crescere, o di prendere decisioni importanti che ci sconvolgono la vita... Nel dialogo a due non dobbiamo aver paura di rivelare un particolare intimo di noi stessi, non dobbiamo tenerci dentro quel che di buono e apprezzabile possiamo avere, perchè sono i nostri desideri, le nostre paure, le nostre gioie a rivelare parte di noi stessi. Io, per esempio, non accetto di avere 42 anni, ne tantomeno essere considerato un uomo: preferisco venir definito un eterno ragazzo, ma non per questo mi comporto in maniera superficiale. Ho formato una famiglia dall'oggi al domani, senza preoccuparmi del dopodomani, ho vissuto attimi nel momento stesso che li vivevo, e non pensando al dopo... La solitudine vera nasce dalla ricerca spasmodica di non stare soli. Provate una sera a dedicarvi a voi, nel silenzio delle vostre stanze, a guardare un bel film, a prepararvi una cena, a parlare con il gatto, a bere un bel bicchiere di vino... Vi accorgerete di avere dentro una persona al quale non avete mai dato ascolto, eppure quella persona siete voi, nel vostro lato più vero... e non quello che "indossate" quando uscite, nel goffo tentativo di piacere agli altri. Scartiamo a priori i belli dentro e i brutti fuori per poi trovarsi a logorarsi in discussioni sterili... rimpiangendo chi bello non era ma che tante emozioni dava...
Ma è proprio vero che siamo così occupati ad apparire non pensando a dar voce al solitario che c'è in noi?

venerdì 16 novembre 2007

Ciao Nonno Giuseppe

Pubblico un articolo dell'amico Cristiano Gatti, su di un fatto di cronaca accaduto 8 mesi fa, ma passato in sordina. Lascio a voi le riflessioni del caso, ma permettetemi un saluto a nonno Giuseppe, che non conoscevo, ma che sicuramente non meritava una fine così nella SUA italia, per la quale aveva combattuto e lavorato.
Seviziato dai romeni muore dopo un calvario di 8 mesi
articolo di Cristiano Gatti
Si può dire sia finita la lunga agonia, non che il valoroso nonno di campagna riposi finalmente in pace. Non c’è pace, non ancora. Quando i compaesani cominciano ad arrivare in cascina Betulla, tutti quanti con la giacca scura e le scarpe buone, e mentre già in chiesa il parroco comincia a prepararsi con i chierichetti per il funerale, ecco arrivare sull'uscio di casa un'auto dei carabinieri. È già passata l'una, il funerale è fissato per le tre. I militari sono imbarazzati, ma devono compiere la loro missione. Sono qui a dire che il funerale non ci sarà, almeno per ora: il magistrato ha disposto altri accertamenti. Vuole capire se nonno Giuseppe sia davvero morto per le mazzate vigliacche di quella terrificante rapina in casa, la sera del 28 febbraio. La legge ha bisogno di perizie e di riscontri scientifici. Ma il giudizio popolare va molto più per le spicce, limitandosi a porre una domanda semplicissima: questo poveretto ha trascorso gli ultimi otto mesi della sua lunga e tribolata vita dentro e fuori dalla rianimazione, davvero qualcuno adesso può pensare sia morto di morte naturale, sereno come un angelo, per sopraggiunti limiti d'età? Mentre il parentado mormora davanti alla sua povera salma, in attesa che i carabinieri vengano a riportarsela via, sono molti i pensieri che sorgono spontanei. Il primo è doverosamente rivolto alla nostra strana sensibilità collettiva, che libera rabbia e sdegno a gittata variabile: per certi delitti, edizioni straordinarie e serrate nazionali, emergenze di governo e provvedimenti di massima urgenza. Per nonno Giuseppe, tutt’al più, solo un poco di pietà. Come se morire a 88 anni, dopo otto mesi d'agonia, per i colpi di mazza presi nella propria casa, sia in fondo meno increscioso e meno choccante che morire in un viottolo buio della periferia romana, per mano di un selvaggio spietato e senza Dio. No, non esiste. Tutte le efferatezze di quest'epoca violenta dovrebbero avere uguale risalto e uguale sdegno. Nonno Giuseppe è martire quanto la signora Reggiani, e anche quanto il medico milanese soffocato dallo scotch nel letto di casa. Questo nonno ha una storia perfettamente italiana, di quell'Italia grande e fiera che ci ha regalato benessere, comodità, pace. Basterebbe sfogliare il suo album di famiglia, per scoprirlo uguale agli album che tante famiglie ancora conservano nel cassetto del tinello. Il bambino Giuseppe (classe '19) che va subito a lavorare nei campi. Il ragazzino Giuseppe che deve partire per la guerra. Il soldato Giuseppe che torna sette anni dopo, stremato e piagato, miracolosamente scampato alla Sacca del Don. E poi l'italiano Giuseppe, che non si perde in lamenti e piagnistei, ma si rimbocca subito le maniche e fa ripartire il suo Paese. Il fidanzato Giuseppe che finalmente sposa l'amata Maddalena, e con lei sforna otto figli, quattro maschi e quattro femmine, perché una volta l'incertezza del futuro non metteva paura, anzi scatenava energia. E poi: il papà Giuseppe che è laborioso, generoso, devoto al Signore. Tanto che neppure quando il Cielo, 25 anni fa, gli rapisce l'adorata moglie, e neppure nel '92, quando gli porta via l'amato figlio Franco, in un incidente stradale, il patriarca Giuseppe si lascia andare sconfitto e vinto. Ancora una volta riparte, mandando avanti l'allevamento con i due figli rimasti in casa, trecento vacche da latte che sono un modello nell'intera zona... Da qualche anno, ormai, era solo il nonno Giuseppe di diciotto nipoti. Non potendo più sopportare lavori pesanti, teneva dietro all'orto e al pollaio. La sera, preparava la tavola e metteva su il minestrone per i due figli. Guardando qualche volta la televisione, davanti ai crimini e alle efferatezze di questa tetra stagione, si lasciava andare a un commento laconico: «Neanche in Russia ho visto cose del genere...». Aveva tutto per avviarsi tranquillo ai tempi supplementari della sua lunga partita, nonno Giuseppe. Era sereno. Si sedeva sulla panchina fuori dalla villetta, con vista sulle stalle, e ringraziava Dio per quanto gli aveva concesso. La meritava, una dolce fine nel suo letto. Invece, quella sera, si è trovato in casa tre odiosi criminali. Se l'ambasciatore romeno non si offende, va detto per dovere di cronaca che erano romeni. Una coincidenza, va bene. Ma conta poco. Conta come hanno infierito a colpi di mazza sul nonno d'Italia e sui due figli, e come poi li hanno legati alle sedie e li hanno buttati giù dalle scale. Tutto per settemila euro e due telefonini, che i padroni di casa avevano subito consegnato. Pare che i delinquenti si fossero alterati perché nessuno rivelava dove stava la cassaforte. Che non c'è mai stata. Da quella sera, nonno Giuseppe non s'è mai veramente ripreso. Prima in rianimazione a Brescia, quindi a Manerbio. Nel mezzo, un veloce ritorno a casa. Coperto di cicatrici, la testa ancora ferita, una paresi a bloccargli per sempre la parte destra. I familiari lo toglievano a peso dal letto e provavano a metterlo sulla sua panchina, sotto il portico, affacciato sulle stalle. Purtroppo, non è mai servito. Nonno Giuseppe era lucido a metà. Concedeva solo qualche timido sorriso, quando qualcuno gli faceva una carezza. Negli ultimi due mesi, non riusciva neppure più a parlare. Di quella sera, non ha mai ricordato nulla. Soltanto, nei mesi a seguire, ha continuato a cercarsi sul polso l'orologio, chiedendosi dove fosse finito. Non ha mai saputo che gli avevano rubato anche quello, la sera del 28 febbraio. Povero nonno Giuseppe. In attesa che gli concedano l'ultimo omaggio, un bel funerale di paese, tutti quanti con la giacca scura e le scarpe buone, qualcuno ha il dovere di concedergli la giustizia che merita. Anche a lui. Anche se aveva 88 anni. Anche se nessuno strillerà mai il suo nome in televisione

lunedì 12 novembre 2007

What women want

Che cosa vogliono le donne? Finalmente una sana riflessione un pò maschilista ad uso e consumo del macho, dell'uomo vero e virile. Che cosa vogliono le donne? Con loro o senza di loro, purtroppo è cosi, attratti inesorabilmente dal luogo da dove siamo usciti, possiamo riassumere il tutto nella frase: 9 mesi per uscire una vita per rientrare! Eppure, nonostante tutto, una volta conquistata la vetta, ci mettiamo a sedere ed iniziano i conflitti interni, discussioni, mancanza di comunicazione, routine. E non credo sia un problema nostro, perchè l'uomo sposato o accompagnato tende ad essere succube della donna che ha accanto per un problema genetico e generazionale. Certo, non bisogna generalizzare, ma la donna tende sempre a portare i pantaloni, anche se gli stanno male. Il film di Mel Gibson, peraltro da vedere, parla di un uomo che ha la capacita, fortuna o sfortuna, di leggere nel pensiero delle donne, un arma micidiale, ad uso e consumo del maschio, che anticipandone le mosse, si relaziona con ogni donna li capiti a fianco. Spesso le relazioni tra uomini e donne, "non nascono" per mancanza di comunicazione. Quante volte abbiamo pensato "guarda quello/a, belloccio, quasi quasi lo invito a ballare o a bere", e poi non l'abbiamo mai fatto? Perchè se è vero che l'uomo nasce cacciatore, la donna non è quasi mai preda. E allora cosa si caccia, l'aria? Le donne più belle e divertenti che ho conosciuto, sono state quelle che si sono fatte cacciare, cacciando a sua volta, una battuta io, una loro, un complimento io un complimento loro. Bisogna mettere da parte i cacciatori e cacciati, mezze battute e mezze verità, sono il sale dell'inizio di un rapporto che può sfociare nell'erotico, nell'intellettuale, oppure solamente davanti ad un aperitivo. Le donne diranno: "siete voi che non capite!" e gli uomini rispondono: "ma se non ce la date mai!?!". Discussioni asettiche, prive di contenuti che non porteranno mai a niente. Uomini!: tutto si riduce ad un mero rapporto sessuale? Donne!: siamo ancora così bigotte da non esternare un benchè minimo complimento o una tacita affermazione di compiacimento? Se io vi mando una rosa, non dovete pensare per forza male, è una rosa, simbolo della bellezza, basterebbe un grazie o un altro segno di vita, non un usciata o un silenzio infinito. Oggi disponiamo tante forme di comunicazione, che non è più necessario "vedersi" per rifiutare galantemente un invito. Oppure nell'altra ipotesi, se la rosa è ben accetta, perchè non ricontraccambiare, invece di tenersi dentro un sentimento che potrebbe sfociare in un primo incontro a lume di candela, perchè non vedevate l'ora che succedesse? Le super donne e i super uomini gli abbiamo creati noi, escludendo dalla rosa dei candidati la gente comune, il ragazzo della porta accanto, che se si vestisse con abiti firmati e look alla moda, forse non sarebbe poi neanche tanto male... Che cosa volete, ragazze e donne, dall'uomo che vi sta accanto, o che incontrate al bar o al ristorante?

venerdì 9 novembre 2007

Sesso, amore e passione

Vi siete mai fermati a riflettere su cosa sono il sesso, l'amore, la passione, la stima e il rispetto e se sopratutto queste cose possono coesistere all'interno del rapporto di coppia? Certo per i single è più facile rispondere, ma loro hanno un altro dilemma: troverò la persona giusta, mi fermerò un giorno? Vavixxx ammira le persone anziane che ancora stanno insieme e lo definisce "amore di altri tempi", ma secondo voi, loro si sono persi qualcosa a giurarsi fedeltà eterna? Ho sempre considerato le corna come il morbillo, una malattia che prima o poi bisogna prendere, meglio da ragazzi perchè da adulti reca più danni, comunque una fase della vita dove il sentimento nutrito verso la persona che ci sta accanto viene meno, e troviamo in altri quella scintilla, e quel fuoco per far continuare ad ardere il nostro camino. Babi, e prima di lei Venditti, dice che non c'è sesso senza amore e viceversa... Diversamente da tanti uomini, non ho mai fatto sesso senza amore, non ho mai donato la mia nudità ad una amante occasionale, ho sempre preferito idealizzare nella mia mente un incontro virtuale piuttosto che andare a fondo con una persona bella d'aspetto ma brutta nei contenuti. Che ce ne facciamo delle macchine del sesso? Donne bellissime, stalloni belli come adoni, ma freddi come un frigorifero... Un colpo e via è la voce di popolo che serpeggia nella città, una persona di cui non ricordi neanche il nome al quale gli hai donato la tua parte più intima... L'equazione sesso e amore allora ha una soluzione? Campanaro la vede più come una gabbia, indipendentemente dal tempo che ci stai dentro, due persone si amano fino a saziarsi per poi riposare insieme... Io in quella gabbia ci sono stato svariate volte, anzi tutte le volte che ho donato me stesso, e mi ricordo dei volti e dei momenti che hanno sancito attimi bellissimi, e mi hanno fatto diventare quello che sono oggi. Il lato negativo è che voglio sempre di più, voglio l'amore vero, quello che nasce da una carezza, quello che ti fa vibrare quando diventi tutt'uno con l'altra persona... Sempre più spesso ci chiudiamo o riccio e non sentiamo, non vediamo dentro gli altri, e allora l'incontro scade in una banale serata fatta di una cena, finendo distesi su un letto, senza chiederci il perchè, usando solo il corpo e neanche un briciolo d'anima...
Sesso, amore e passione, impariamo a leggere negli altri, tiriamo fuori un pò di noi in cambio di un pò di loro, scopriamo le voglie recondite, riveliamo la nostra bellezza interiore e trasformiamo le carezze in gesti erotici, e solo allora potremmo godere di noi... moglie, marito o amante che tu sia...

mercoledì 7 novembre 2007

Pubblico un commento di Campanaro

Svariati i commenti al post precedente ai quali risponderò con un altro post, che spero sia sempre motivo di riflessione. Di seguito il commento di "Campanaro" che merita una lettura, condivisibile o meno, ma poeticamente perfetta! Grazie internauta!
Amore è un mistero-amore è un dilemma, un dubbio irrisolto...
Amare per se stessi o perchè l'altro ti ami, come e più di te,
od entrambe le cose?
Amore che vuoi quando non l'hai
e non sei sicuro di averlo trovato quando quando lo vivi
...mai abbastanza...quando lo uccidi e quando lo rifuggi....
Amore è una poesia che senti dentro ma che non riesci mai a scrivere....
è troppe parole su un foglio accartocciato e gettato nel cestino.
Sono le parole giuste che ti mancano o ti neghi al momento giusto....
Amore è avere poco in cambio di molto.
E' desiderare sempre quel poco, un abbraccio, un bacio, una carezza
per accorgerti che è tutto....
Amore è una gabbia che mi opprime ma che è sempre il mio rifugio,
dove voglio che tu mi chiuda per sopire la ferocia che è in me.
Stringimi le mani... e la belva sarà doma, appagata di quel misero pasto....
sazia del tuo amore..che ricambierà.
E saremo in due in quella gabbia che diventerà il nostro immenso tutto.....

lunedì 5 novembre 2007

Sex and the city, ovvero il mondo e il sesso.

Da dove iniziare? Da un inciso pecoreccio "tira più un pelo di .... che una coppia di buoi"? Banale e scontato, ma in realtà e cosi. La storia del mondo basata sugli epici conflitti, come narrato anche dai poeti più lontani, parte dall'amore in senso assoluto, idealizzato negli occhi di principesse, zingare, semplici contadine, mercanti di sesso. Amori vissuti in silenzio, amori gridati al mondo, amori scritti nelle poesie, nei racconti, nei film, o più semplicemente nati e sopiti nell'incrociarsi in una via del centro.... Le città sono il luogo ideale per l'osservazione del comportamento tra uomini e donne; la moltitudine di persone, i luoghi dove incontrarsi, lo scambio continuo di informazioni, fanno si che i grandi centri urbani siano un laboratorio di analisi, dove in ogni momento si celebra un rito.... Ebbene, io domando a voi, internauti, novelli Marco Polo della rete, che circumnavigate il mondo su di un cavo elettrico, alla ricerca spasmodica del Santo Graal, rappresentato dal vostro ideale di donna e di uomo, che usate gli sms o le email, i nuovi strumenti di comunicazione che hanno sostituito la carta, il piccione viaggiatore, il portalettere, ma con all'interno sempre la poesia, il verso, la frase erotica, che cosa è il sesso? Come dovrebbe essere l'amore? Che cosa lega l'uomo alla donna e viceversa, che cosa abbiamo realmente in comune, ed esiste un punto di equilibrio? I vostri commenti saranno il punto di partenza per i prossimi post.

Ecco le 101 scoperte più importanti

di Vittorio Sgarbi
Il water non lo so (nell’antichità c’era qualcosa di simile per consentire di stare seduti comodamente, rispetto alla barbara posizione «alla turca»), ma il bidet manca nella lista delle 101 invenzioni di cui l’uomo non può fare a meno, indicate dall’Independent, dal fuoco fino all’iPod. Come sappiamo gli inglesi non fanno generalmente uso del bidet. Ma è una lacuna veniale tra le comodità irrinunciabili che in larga misura non sono brevettate e non hanno autori conosciuti. Sono espressione del genio degli anonimi. E sono di sorprendente utilità. Dall’arco alla biro, dal filo spinato alla bicicletta, dagli occhiali allo spazzolino da denti, dalla ruota alla siringa. Sono irrinunciabili. Ma certamente hanno cambiato il costume, oltre ogni aspettativa, invenzioni come la carta di credito, che ha trasferito il danaro in una dimensione immateriale, allontanandone la immanente sensualità, la forza di seduzione psicologica già trasferita dal metallo alla carta e poi agli assegni. Il danaro sta, così, sempre altrove, non serve più se non per pagare, clandestinamente, riscatti; e lascia traccia del suo spostamento da una tasca all’altra. Altrettanto rivoluzionaria, cambiando natura alle cose, è la trasmissione di messaggi attraverso un supporto non cartaceo, il cui residuo era ancora nei fax, con l’invenzione degli sms. Come si spende più danaro con le carte di credito che con le monete, così si scrive di più con lo scambio infinito di messaggi telefonici rispetto a quello epistolare. E poi ci sono invenzioni più remote di quanto non siamo usi pensare, come il profilattico, inventato nel 1640 (mentre per la pillola occorre aspettare il 1951). Può sembrare strano ma il reggiseno è stato inventato soltanto nel 1913, anche se forse in passato la sua funzione era «sostenuta» da stecche. Fra le altre innovazioni che cambiano i modi di vivere e il rapporto con il tempo c’è certamente l’aereo, che avvicina i luoghi più lontani, che consente di irrompere in mondi remoti e inevitabilmente incomunicanti, così come, in altro modo, il telefono, forse la più «umana» delle invenzioni. È evidente poi che una civiltà che non abbia il frigorifero si condanna a comportamenti primitivi, non potendo conservare gli alimenti e costringendo alla ricerca del cibo per la sopravvivenza giorno per giorno. Vi sono poi invenzioni sostitutive, ma non al punto da eliminare le analoghe precedenti: così il rasoio elettrico non ha soppiantato quello a lama e a lamette e l’aspirapolvere non ha eliminato la scopa. Più rivoluzionario, tanto da eliminare il contatto diretto con l’apparecchio, è il telecomando. Inessenziale, dal momento che si perde sempre, benché utile, è l’ombrello, ingegnosa invenzione più per salvare la pettinatura e gli abiti, che per riparare dalla pioggia. Il Novecento è certamente il secolo che si è più applicato in invenzioni di utilità quotidiana, dalla cerniera lampo del 1913 al pace maker al codice a barre per favorire i pagamenti, al tostapane, alla televisione, al computer fino a internet, serbatoio universale che sembra voler competere addirittura con le biblioteche accogliendo un sapere universale senza confini. La tastiera per trovare notizie e per trasmettere comunicazioni ha reso completamente inutile un’altra importante invenzione come la macchina per scrivere, che non consentiva di annullare l’errore ma solo di cancellarlo meccanicamente. È questo ciò che rende essenziale e inevitabile un’invenzione. Un passo avanti. In altri casi esso è impossibile: come per i guanti, le scarpe, la ruota. La conclusione era già chiara ai Futuristi: nessun artista vale quanto l’inventore dell’automobile.