lunedì 29 ottobre 2007

Mallory, Hillary e l’Everest: un mistero quasi risolto da Conrad Anker


Hillary e Tenzing furono davvero i primi alpinisti a violare la vetta del "Tetto del Mondo" nel 1953? Oppure, davanti a loro, 29 anni prima, vi erano giunti Mallory e Irvine? A questi e altri interrogativi ha cercato di dare risposta l’alpinista americano Conrad Anker durante la serata del 10 febbraio 2000, organizzata da The North Face, Ronco Alpinismo e la Sezione Uget Torino del CAI presso il Centro Congressi della Camera di Commercio di Torino.
Un foltissimo pubblico ha seguito con attenzione e interesse la proiezione di diapositive presentata da Anker, grazie alla quale gli spettatori hanno potuto seguire passo a passo le tappe della "Mallory & Irvine Research Expedition", diretta da Eric Simonson, che nel maggio del ’99 ha ritrovato i resti di Mallory, l’alpinista inglese scomparso l'8 giugno 1924 insieme al compagno Irvine durante il tentativo di salita all’Everest. George Leigh Mallory, 37 anni all’epoca dei fatti, padre di tre figli, si era diplomato a Oxford ed era maestro di scuola. Amico di Virginia Woolf, la celebre scrittrice, membro di uno dei più importanti circoli letterari londinesi, era un uomo colto e raffinato. Alpinista e scalatore di prim’ordine, costituì, già ai suoi tempi, una figura molto moderna. Aveva già preso parte alle precedenti spedizioni del 1921 (durante la quale svolse numerose ricognizioni volte ad individuare una via praticabile) e del 1922 (interrotta per il sopraggiungere della stagione dei monsoni e per una valanga che causò la morte di sette Sherpa).
Andrew "Sandy" Irvine, 22 anni quando scomparve, molto forte e molto tecnico, ideò una modifica al sistema di erogazione dell’ossigeno degli apparati in uso all'epoca, che permise di ridurre di 2 kg il peso dell’attrezzatura. Per questa ragione Mallory lo volle con sé durante la sfortunata spedizione del 1924, anche se non aveva ancora maturato molta esperienza. Conrad Anker, amico di uno dei nipoti di Mallory, ha fatto parte della missione di ricerca – quasi una spedizione archeologica dell’alpinismo - che aveva lo scopo di risolvere il più affascinante giallo alpinistico di tutti i tempi: i due inglesi perirono prima o dopo aver raggiunto la vetta?
Anker è colui che ha materialmente rinvenuto i resti di George Mallory e che ha ricostruito gli ultimi movimenti della cordata sviluppando una plausibile teoria sulla sequenza della tragedia. La "Mallory & Irvine Research Expedition" ha ripercorso fedelmente le tracce della spedizione inglese del 1924 (che, tra l’altro, individuò già nel 1922 la via tutt’oggi più frequentata del versante settentrionale, quella del Colle Nord) ponendo i campi negli stessi punti ove erano stati installati 75 anni prima. L’8 giugno 1924, Mallory e Irvine partirono dall’ultimo campo per entrare nella leggenda. Furono avvistati per l’ultima volta da un altro membro della spedizione (Odell) intorno alle 13.10 e non sembravano avere particolari difficoltà. Dopo di che, scomparvero. Purtroppo, negli anni la testimonianza di Odell si è rivelata imprecisa e (in buona fede) contraddittoria: infatti, non è dato di stabilire con precisione presso quale passaggio - chiave furono avvistati, il Primo o il Secondo gradino.
La questione è fondamentale, indipendentemente dalla difficoltà tecnica del Secondo gradino (per inciso, dopo aver fatto una prova con attrezzatura dell’epoca, Anker ritiene estremamente improbabile che sia stato superato dai due inglesi, dato l’equipaggiamento ed il peso e l’ingombro delle apparecchiature per l’ossigeno). Siccome l’orologio rinvenuto sul corpo di Mallory, presumibilmente fermatosi a seguito della caduta, segnava le 14.25, se Odell avesse avvistato (erano le 13.10) i due alpinisti presso il Primo gradino, essi non avrebbero avuto il tempo materiale di compiere la salita prima dell’incidente; se, invece, l’avvistamento fosse avvenuto presso il Secondo gradino, forse il tempo ci sarebbe stato…
Anker sostiene, mostrando al pubblico una sua ricostruzione fotografica, che Odell, per effetto della prospettiva dal suo punto di osservazione, vide sì i due alpinisti in cresta, ma presso il Primo gradino. Lo stato del corpo di Mallory, la sua posizione e la sua postura indicano che la caduta è avvenuta da un punto compreso fra il Primo ed il Secondo gradino, prima della cosiddetta "fascia gialla", e neppure da tanto in alto: salvo una frattura al piede destro, Mallory non presentava lesioni significative, per cui è lecito ritenere che la morte non sia sopraggiunta per evento traumatico. Secondo Anker, il punto di ritrovamento - anche considerando i naturali movimenti degli strati nevosi - indica che la caduta è avvenuta durante la salita e, quindi, prima d’aver raggiunto la cima. Mallory era ancora legato e quanto resta della corda, circa 10 m, presenta uno strappo: segno evidente che i due alpinisti sono caduti insieme e che non si erano separati, come ipotizzato nel corso degli anni.
Mallory, per espresso volere della famiglia, è stato tumulato sul posto, sulla montagna che voleva scalare semplicemente "perché è là", come una volta rispose ad un giornalista durante un giro di conferenze negli Stati Uniti. Durante la cerimonia è stato letto il Salmo 103, che Anker ha riproposto al pubblico torinese in memoria di tutti i caduti della montagna.
In definitiva, i risultati ottenuti dalla spedizione aggiungono molti particolari al mistero, attenuano alcune ombre, ma non portano la luce definitiva che solo il ritrovamento della macchina fotografica avrebbe potuto fornire. Per i cultori delle ipotesi la materia è particolarmente fertile: l’orologio segnava davvero le 14.25 o piuttosto le 17.10? Gli occhiali da ghiacciaio ritrovati in tasca della giacca erano una dotazione di scorta o Mallory li aveva tolti? Per la nebbia o per il buio? Era davvero il cadavere di Irvine quello rinvenuto nel 1975 da un alpinista cinese, poi a sua volta scomparso? E se la macchina fotografica l’avesse avuta proprio il giovane "Sandy"? Non avendo le risposte, noi alpinisti del XXI secolo dobbiamo comunque, come fece Anker al momento del ritrovamento sedendosi accanto al corpo, pensare a Mallory ed Irvine "con profondo e reverenziale rispetto per quanto furono capaci di fare, indipendentemente dall’aver raggiunto o meno per primi la vetta dell’Everest". Il resto è leggenda ed è bello che sia così: dopo tanto tempo, essa continua ad affascinare e alimenta il bisogno di sconosciuto che c’è in ogni alpinista.

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